Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

domenica 31 ottobre 2010

Al di là del linguaggio

Ma se Zhuang Zi sottolinea le proprietà autodissolventi del linguaggio, lo fa per ricusarlo totalmente, o in vista di qualcos’altro? In realtà sembra che Zhuang Zi pensi a qualcosa «al di là del linguaggio». Il linguaggio dunque va usato avendo ben chiara la sua limitatezza: è per questo che anche Lao Zi conclude la sua opera con:

 «Colui che sa non parla, colui che parla non sa».

E ancora:

«La ragion d’essere della nassa è il pesce: una volta preso il pesce, si dimentica la nassa.
La ragion d’essere della trappola è la lepre: una volta presa la lepre, si dimentica la trappola.
La ragione delle parole è il senso: una volta afferrato il senso si dimenticano le parole.
Dove troverò l’uomo che sappia dimenticare le parole, per scambiare con lui due parole?»



Il punto di partenza confuciano era la «decisione di apprendere»: per Zhuang Zi apprendere il Dao è una esperienza che non si può esprimere né trasmettere a parole. Mentre l’intelletto non può mai conoscere nulla con certezza, la mano sa ciò che fa con una sicurezza infallibile: sa fare ciò che il linguaggio non sa dire. Questa metafora indica un tipo di conoscenza privilegiata dai pensatori cinesi: una conoscenza che non rappresenta il risultato di una acquisizione di un contenuto, ma di un processo di apprendimento simile a quello di un mestiere, che non si acquisisce in un giorno, ma che si assorbe impercettibilmente nel tempo.

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