Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

lunedì 6 settembre 2010

Razionalità o intuito?

Nel pensiero cinese prevale la riflessione in rapporto all'azione piuttosto che in rapporto alla conoscenza in sé. In questo ambito, predominano due grandi orientamenti: l'uno consiste nell'assegnare l'azione come orizzonte alla conoscenza, l'altro nel negare ogni validità al rapporto fra conoscenza ed azione.

Sapere «cosa» o sapere «come»?
Il primo orientamento, rappresentato dalla tradizione confuciana, è interessato al passaggio effettivo tra conoscenza ed azione, inteso, alla maniera cinese, come rapporto tra il latente e la sua manifestazione visibile. Piuttosto che un «sapere cosa», e cioè la ricerca della verità, la conoscenza è soprattutto un «sapere come» e cioè la ricerca del come ordinare e dirigere la propria vita nell'ambito di uno spazio sociale. Il secondo orientamento, rappresentato dalla tradizione taoista, privilegia l'«a monte» del visibile. Il primo porta ad una visione di tipo «politico», nel senso di un ordinamento del mondo secondo la visione umana, mentre il secondo privilegia una visione «artistica», nel senso della partecipazione dell'uomo alla gestazione del mondo.
Nel corso della storia si è constatato che la mente umana è capace di due tipi di conoscenza, quella razionale e quella intuitiva: la prima tradizionalmente associata alla scienza, la seconda alla religione. In occidente si privilegia la razionalità, in oriente l’intuito: «so di non sapere» dice Socrate, mentre Lao Zi dice «somma cosa è sapere di non sapere». Per meglio dire, i cinesi hanno sempre sottolineato la natura complementare dell’intuitivo e del razionale: taoismo e confucianesimo ne sono la dimostrazione.

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