Nella
Cina dei primi secoli AC, una leggenda molto popolare parlava di una
razza di cavalli magici, i Cavalli Celesti, slanciati ed imponenti, che correvano
veloci più del vento, erano invincibili in guerra e provenivano direttamente
dal paradiso. La credenza più comune considerava il cavallo come un parente
stretto del drago, entrambi originati dall'acqua ed entrambi capaci di
raggiungere il mondo soprannaturale degli immortali. Il cavallo è messo in
stretta relazione sia con il Dio del Cielo sia con l'imperatore stesso, a
formare un tramite di potere cosmico. Secondo alcuni studiosi infatti il
cavallo assume in questo senso un importanza religiosa, come un sacro veicolo,
che può innalzare colui che lo possiede allo stato di immortale, risiedente in
cielo al fianco del Dio.
E qui si innesta la storia della
passione incontenibile dell’ imperatore Wu Di per i Cavalli Celesti.
Da sempre i cinesi erano minacciati
a nord da una popolazione formata da tribù nomadi, i Xiongnu, che antichissimi
resoconti storici cinesi riferiscono discendere dalla prima dinastia cinese, la
mitica dinastia Xia. Il loro territorio si estendeva dalla Siberia meridionale,
la moderna Mongolia, la Manciuria occidentale e le odierne province cinesi di
Gansu e Xinjiang. Questi nomadi erano considerati così pericolosi e
distruttivi, che la dinastia Qin iniziò la costruzione della Grande Muraglia
per proteggere la Cina dai loro attacchi.
(leggi
anche: Qin
Shi Huang Di primo imperatore della Cina... quello sì ha fatto le "grandi
opere"!)
Le
relazioni fra le prime dinastie cinesi e gli Xiongnu erano complesse, con
ripetuti periodi di confronti militari e intrighi alternati a scambi di
tributi, commercio e matrimoni combinati a scopo politico. Alcuni storici ipotizzano che gli Unni che
invasero l’Europa ne IV secolo d.C. siano parte dei Xiongnu migrati verso ovest
dopo la definiva sottomissione delle tribù orientali da parte dei cinesi. Come
popolo nomade con un'ampia area di spostamento, i Xiongnu erano bravi in combattimento mobile sopra i
cavalli. I Cinesi, popolo agricolo sedentario, avevano difficoltà ad uguagliare
la loro abilità. Erano privi di razze di cavalli adeguate a formare una buona
cavalleria.
Nei
confronti dei Xiongnu, i primi imperatori della dinastia Han non volendo
impegnarsi in operazioni militari rischiose, preferirono adottare una politica
di “pace ed amicizia” inviando loro doni (sete, alcool, riso) e spose di sangue
imperiale. Tale politica non riuscì ad impedire tuttavia che i cavalieri
Xiongnu compissero con sempre maggiore frequenza scorrerie in territorio
cinese, devastando i campi e saccheggiando le città.
L’avvento
la trono dell’imperatore Wu Di (140-87
a.C.) segnò una svolta nella storia della dinastia Han: nel corso del suo
governo, durato oltre cinquanta anni, il governo imperiale riprese una politica
di deciso intervento, sia all’interno che all’estero, in nome di una concezione
dell’impero che per molti aspetti ricordava quella di Qin Shi Huang Di.
Il
primo obiettivo di Wu Di fu quello di liberarsi della costante minaccia dei
Xiongnu. Nel 129 a.C. fu lanciata un’offensiva contro di loro, che culminò due
anni dopo nella riconquista dell’ Ordos, (una provincia della Mongolia Interna)
dove furono stabiliti due governatorati; centomila coloni furono trasferiti
nella regione per popolarla [quella di trasferire persone da est a ovest nella
Cina è quindi un uso antico!. N.d.A]. Successivamente le truppe imperiali
intrapresero la conquista del Gansu e costrinsero i Xiongnu a spostare verso
nord il loro centro politico e militare.
Intanto,
nel 126 a.C. era tornato a Chang’an Zang
Qian che dodici anni prima, nel 138 a.C. era stato inviato con un centinaio di
uomini in cerca dei Yuezhi allo scopo di stabilire un’alleanza in funzione
anti-Xiongnu.
(la
vicenda di Zang Qian ve la ho già raccontata in:
La
missione di Zang Qian si era rivelata un totale fallimento,: tuttavia,
l'emissario tornò in Cina privo di un'alleanza, ma ricco di informazioni
geografiche, economiche, militari e antropologiche di molti città e paesi
dell'Asia centrale tra i quali “Da Yuan” o Ferghana [attuale Uzbekistan].
L'emissario raccontò inoltre di aver visto in quei paesi dei cavalli assolutamente straordinari, che correvano più veloci del vento .
L'emissario raccontò inoltre di aver visto in quei paesi dei cavalli assolutamente straordinari, che correvano più veloci del vento .
Nel
119 a.C. l’ ormai attempato Zang Qian fu inviato nuovamente in missione, questa
volta per stabilire contatti con il popolo degli Wusun, che si era stanziato
nella valle dell’Ili [attuale Kazachstan sovietico]. Avevano anche loro
allevamenti di purosangue e forse potevano persuaderli di attaccare i Xiongnu
alle spalle. Il vecchio Zang diede prova della sua forza di carattere
costringendo il loro re a prostrarsi. Poi l’ambasciatore disse che al Figlio
del Cielo sarebbe piaciuto ricevere in dono i cavalli: il re ne avrebbe mandati
volentieri qualcuno, ma pretendeva in cambio una principessa imperiale. Ricevuta
questa notizia, Wu Di consultò il Libro dei Mutamenti ed il libro, molto
opportunamente gli rispose: «I Cavalli Celesti verranno dal Nord-Ovest» e così
Wu Di barattò una principessa imperiale con i destrieri mandandola a vivere nelle
ignote regioni dell’Estremo Occidente. Inutile dire che la principessa si trovò
molto male in quelle terre lontane, sposa di un re oltretutto anziano.
L’imperatore
invece idolatrava i Cavalli Celesti, finché un brutto giorno le sue spie gli
annunciarono che i cavalli dei Wusun non erano propriamente dei Cavalli
Celesti: quelli veri appartenevano al re di Fergana, che li custodiva
gelosamente nella sua capitale. Le loro criniere scendevano fino ai ginocchi e
le loro code spazzavano il terreno: avevano una doppia spina dorsale come le
tigri e degli zoccoli come un grosso polso. Quando il sole era allo zenit
sudavano sangue. Erano capaci di tenere dietro al moto del sole e di percorrere
in un giorno mille li [circa 500 Km]. L'imperatore, fortemente impressionato,
decise allora di inviare nello stato del Ferghana una delegazione pacifica
carica di oro e regali preziosi, ma la missione si rivelò un totale fallimento
in quanto, dopo il lungo e stremante viaggio, una volta arrivati a
destinazione, l'oro e i doni furono sequestrati, parte della delegazione uccisa
e nessun cavallo rilasciato.
Quando
Wu Di venne a sapere del nuovo fallimento, divenne furioso e nonostante i suoi
consiglieri lo supplicassero di rinunciare alla missione, lui organizzò una
seconda spedizione, questa volta di carattere militare, per la quale furono
impiegate innumerevoli risorse e tremila soldati. Nel 104 a.C. la spedizione
partì alla volta dello stato di Ferghana per costringere con la forza il re a
rilasciare i preziosi stalloni. L’impazienza dell’imperatore, tuttavia, fu
pagata a caro prezzo. La spedizione purtroppo venne organizzata
affrettatamente, per cui molti soldati morirono nel deserto e pochissimi
raggiunsero la destinazione, dove ancora una volta vennero derubati, catturati
e respinti. Dopo due anni i superstiti di ritorno riportarono l'infausta
notizia e l'imperatore furioso – come se non bastasse - diede ordine per loro
di esilio o morte.
Nel
frattempo il popolo nomade Xiongnu stava attaccando al confine settentrionale
dello stato Han e la situazione alla frontiera stava peggiorando. Non pago
dello smacco recente e nonostante le sempre più pesanti pressioni da parte dei
consiglieri di corte, l'imperatore non volle rinunciare al suo progetto e nel
102 BC, dopo aver imprigionato i suoi oppositori, inviò un immenso esercito di
60.000 uomini in Asia Centrale insieme a migliaia di servi e più di 30.000
cavalli e bovini. Svuotò le prigioni per arruolare anche i delinquenti,
organizzò un servizio di sussistenza con carri di riso bollito ed essiccato che
doveva rifornire l’esercito per tutta la durata del viaggio.
Una
volta giunto in Fergana, l’esercito cinse d’assedio la capitale: un squadra di
ingegneri idraulici deviarono i corsi d’acqua che alimentavano la città ed alla
fine, gli abitanti stessi uccisero il vecchio re accettando la richiesta di
donare i Cavalli Celesti in cambio della sospensione dell’assedio. I soldati
Cinesi istituirono un nuovo re per lo stato di Ferghana, che da quel momento
diventò un protettorato cinese e selezionarono diverse migliaia dei cavalli
migliori e diverse migliaia di stalloni di qualità minore. Sulla via del
ritorno, l'esercito Cinese ricevette doni ed onori dagli stati attraverso i
quali passava, che saputo della loro vittoria su Ferghana, accettarono di
diventare protettorati dell'impero Cinese.
E
così, a prezzo di enormi spese e col sacrificio di migliaia di uomini,
l’imperatore Wu Di poté soddisfare il suo desiderio di possesso dei Cavalli
Celesti. Con l'aiuto di questi cavalli, la Cina fu capace di costruire le sue
difese e sopravvivere agli attacchi dei Xiongnu. Tuttavia l'imperatore
selezionò i cavalli migliori e non li impiegò in battaglia: li custodì gelosamente nelle proprie scuderie.
L'arrivo
dei cavalli in Cina assunse inoltre più di un significato militare, e divenne
oggetto di poesie e musica utilizzati per riti celebrativi.
Data
l'evidenza di così grande interesse verso questi cavalli, alcuni interrogativi
nascono spontanei: qual è stata la vera ragione per questa campagna militare di
Han Wu Di in Asia centrale? Qual era il valore reale dei cavalli del Ferghana e
che cosa rappresentavano per i loro proprietari originali e per lo stesso
Imperatore? I cavalli celesti erano bestie misteriose, oggetti del desiderio
per i re dell'Asia, apprezzati al punto di provocare la morte di innumerevoli
persone, e la perdita di enormi quantità di ricchezza per il loro acquisto. La
loro popolarità può quindi essere compresa solo analizzando il contesto storico
in cui il loro mito venne coltivato.
Durante
il regno di Han Wu Di, il culto taoista degli immortali subì uno sviluppo
rapido e sorprendente. L'intensificazione della ricerca dell'immortalità da
parte dell'imperatore ne favorisce la divulgazione in tutte le classi sociali.
L'intensità senza precedenti con cui veniva praticato il culto è visibile nel
tentativo dell'imperatore di raggiungere i due luoghi in cui si credeva che gli
immortali risiedessero, (le isole della Cina estremo orientale come Penglai e
la cima del monte Kunlun nella Cina Occidentale) per ricercare la ricetta
dell'immortalità. Il fallimento della delegazione orientale nel primo periodo
del suo regno e la conseguente apertura e consapevolezza delle terre
occidentali dopo il ritorno del messo Zhang Qian, aumentò la speranza
dell'imperatore nella ricerca ad Occidente. Così come la ricerca
dell'immortalità aumentò di intensità, nuove credenze vennero sviluppate presso
la corte di Han Wu Di, che pianificò l'acquisto dei cavalli del Ferghana non
soltanto per la loro superiorità militare.
Nel
cuore di Wu Di infatti, oltre al desiderio di avere dei cavalli da guerra
validi per contrastare le scorrerie dei Xiongnu, l’idea dei Cavalli Celesti
alimentava anche la sua ossessione per l’immortalità: si narrava infatti a quei
tempi che tali cavalli fossero magici e fossero capaci di condurre i loro
cavalieri tra le braccia celesti dei loro antenati: e l’imperatore sognava
infatti: “Mi solleveranno e mi porteranno alla Montagna Sacra, dove raggiungerò
la Terrazza di Giada”
Fonti
Bruce
Chatwin, Che ci faccio qui?, Adelphi,
Milano, 1990
M.Sabbatini,
P.Santangelo, Storia della Cina,
Laterza, bari, 2003
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