Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

martedì 21 dicembre 2010

Il Natale cinese: colpa di Confucio e...del Partito Comunista

 La festività del Natale è entrata ormai a pieno titolo nel novero delle numerose ricorrenze cinesi: colpa della globalizzazione? In realtà, se le cose stanno così, è colpa di Confucio, con la complicità del Partito Comunista … con buona pace del Grande Timoniere … ma vediamo perché.



Ai cinesi le feste piacciono molto: il loro antico calendario lunare è zeppo di ricorrenze festose , tipo il «quinto giorno della quinta luna», o il «quindicesimo giorno dell’ottava luna»: tutte le festività sono rivolte alle fasi lunari. Il «settimo giorno della settima luna», ad esempio, corrisponde al nostro S. Valentino. Altre festività riguardano i giorni 1 Ottobre, 1 Gennaio, 1 Maggio, che corrispondono a Feste Nazionali. I cinesi hanno un forte legame con le loro tradizioni e vivono molto intensamente le festività che sono legate alle fiabe, alle leggende e ai racconti che tramandano da generazione in generazione.

Il «quindicesimo giorno dell’ottava luna» corrisponde al “Festival di Metà Autunno” e si festeggia in famiglia con i parenti: si tratta una festa molto sentita, simile al nostro Natale dove le famiglie si riuniscono e portano in dono Moon Cake (Tortini della Luna) , dei tortini salati a forma circolare, fatti di zucchero, noci, sesamo, uova, prosciutto, semi di loto, petali di fiori ed ingredienti a scelta che rappresentano la luna, e la loro forma circolare equivale al simbolo della riunificazione.

Il giorno del Capodanno lunare, o Festa della Primavera, si tiene un banchetto familiare in onore degli antenati e dei membri della famiglia che vengono da lontano. È la festa più importante e più celebrata: in memoria degli antenati vengono posti sull'altare di famiglia o sulla tavola cinque o sette bacchette per mangiare, vino, tè e tazze di riso cotto. Poi viene servito un banchetto di sedici o ventiquattro portate, accompagnato da canti di prosperità e di benedizione per il nuovo anno. Vengono indossati abiti nuovi e i fuochi artificiali segnalano l'inizio del nuovo anno.

Il «quindicesimo giorno del primo mese» è la Festa delle Luci che viene celebrata con una processione di lanterne e con una danza di draghi. Il «terzo giorno del terzo mese» è la Festa della Purificazione ed è legata a una pulizia espiatoria delle tombe, con offerte di cibo sulle tombe e successivamente con un pranzo all'aperto sulle colline. Il «quinto giorno del quinto mese» segna l'inizio dell'estate, celebrato con il consumo di focacce di riso, con gare di barche fluviali a forma di drago e con rituali di preservazione dalle malattie per i bambini e di propiziazione della pioggia.

Nel periodo invernale vengono celebrate feste relative alla nascita di eroi e di santi della religione popolare, come i santi protettori locali del suolo che vengono celebrate nel primo e nel quindicesimo giorno di ogni mese. Ogni calendario riflette la storia, le tradizioni, la religione di un popolo: sul filo dei giorni si snodano infatti miti e leggende, riti e usanze, spesso frutto di memorie antiche.

Ma da dove nasce questa passione dei cinesi per i riti e le tradizioni? Ecco che rispunta l’immancabile Confucio, riferimento essenziale di una civiltà millenaria.

Le «Memorie sui Riti» (Li Ji), uno dei cinque classici confuciani, è un’ampia raccolta di prescrizioni rituali e di trattati che spiegano il valore ed i significati dei riti, riti che riguardano praticamente tutti gli aspetti della vita cinese, sia spirituale che materiale, dalla religione alla politica, il diritto, la cultura, le questioni morali, e non ultimi la regole di cortesia e le buone maniere. Il concetto sotteso dal termine cinese “li” infatti, comprende sia il rito inteso come il complesso di cerimonie di culto di una religione, ma anche le norme di giusto comportamento morale e sociale.

Confucio per vivere esercitava la funzione di “esperto” in questi “riti”, che la classe nobiliare stava sempre più trascurando. Il Maestro era convinto che nella Cina arcaica si fosse realizzata una perfetta armonia tra Cielo e Terra: per questo gli pareva che le norme della vita nobiliare fossero le regole più idonee per ristabilire l’ordine religioso e quello sociale, in un periodo così travagliato e decadente come quello in cui viveva. Ma la grande novità del suo insegnamento fu quella di proporre il “li” non solo alla nobiltà ma anche a qualunque persona intendesse perfezionarsi ed elevarsi fino a diventare uno “junzi” un “uomo di valore”.

Pur avendo posto particolare attenzione solo alla morale e al comportamento sociale, il confucianesimo si arricchì rapidamente di risvolti religiosi. Per un breve periodo lo stesso Confucio fu considerato una divinità, e nei templi in cui era eretta la sua statua, fu onorato con sacrifici, ma le cerimonie a lui tributate ben presto acquistarono carattere più laico che religioso. Anche sotto l'aspetto religioso il Confucianesimo si oppose a ogni forma di culto popolare in cui si credesse agli spiriti, agli esorcismi, a forme di divinazione, presentandosi come un vero e proprio culto civile di tipo comunitario, caratterizzato da riti e da preghiere, da feste e da fiere che si svolgevano periodicamente.

Dal 1912 in Cina non esiste più la figura dell’imperatore, elemento chiave del confucianesimo: dal 1949 inoltre, con la proclamazione delle Repubblica popolare, la dottrina del Grande maestro è stata spesso duramente contestata ed attaccata, salvo poi subire negli anni recenti una totale rivisitazione in senso positivo.

Nonostante questi alti e bassi, la cultura confuciana è talmente radicata nel popolo cinese che il “li” è da secoli un patrimonio comune a tutta la società: la “correttezza” (zheng) ossia il rispetto del “li” risulta essere una delle virtù più radicate nella coscienza collettiva.

Ma c’è un altro aspetto, nella società cinese che sostiene il perpetuarsi del binomio tra la tradizione popolare e le festività nazionali ed è il migliorato benessere economico del paese. Infatti le festività tradizionali sono un ottimo incentivo per una maggiore crescita verso i consumi interni, un po’ come succedeva nei paesi occidentali nel dopo guerra e nel periodo del boom economico.

E la festa di Natale?

All'inizio del XX secolo alcuni missionari e studenti venuti da fuori hanno introdotto il Natale nel paese. Una ristretta minoranza di cinesi l'hanno fatto proprio e deciso di festeggiarlo. Questi gruppi si trovavano perlopiù nelle città sulla costa e in altre città grandi o minori. La vigilia di Natale cenavano con amici o in famiglia, cantavano canzoni di Natale, ballavano, e i credenti andavano in chiesa per la messa notturna. Ognuno faceva un po' come preferiva. Le attività e le decorazioni delle case erano sostanzialmente di stile straniero. La rivoluzione culturale ha posto fine a tutto ciò.

Solo dopo la politica di riforma e apertura, il Natale è tornato a far parte delle tradizioni della società cinese. Da circa il 1980 fino ai giorni nostri, il numero di persone che festeggia il Natale e l'anno nuovo è andato crescendo. Ma il Natale non rappresenta più unicamente la festa tradizionale degli stranieri. In Cina son sempre più le persone che gli danno importanza. Ad esempio i commercianti fanno dei saldi, le vetrine attirano più sguardi, ci sono delle pubblicità dappertutto e tutti i luoghi di divertimento propongono un programma natalizio. In questo modo tutti guadagnano un po' di più tra Natale e l'Anno Nuovo.

Naturalmente si decorano gli alberi per strada. Alcune famiglie appendono delle decorazioni natalizie sulla porta d'entrata o alle finestre, ma con l'aggiunta di motivi cinesi. Si mangia un pasto cinese, che non varia molto da quello abituale, ma magari con un'insalata in più.

Stanno cambiando anche le abitudini di molte famiglie cinesi che stanno abbracciando il pensiero “occidentale” basato anche sul consumismo. Proprio sulla base di questa considerazione, dobbiamo dire che il Natale sta diventando sempre più una festa anche per i cinesi, da “copiare”, almeno per quanto riguarda il lato legato al consumismo e al profitto. L’atmosfera natalizia infatti si può sentire e vedere anche in Cina, dagli addobbi che sono presenti nei supermercati, ristoranti, alberghi, ma anche palazzi pubblici, addirittura, in alcune vie, superano gli addobbi occidentali, soprattutto sono caratterizzati da quella fantasia che rende unici i cinesi.

La gente non si fa gli auguri per strada, non ci sono le file ai negozi di giocattoli per bambini, il 25 dicembre è un giorno di lavoro come gli altri; eppure sono tanti ed enormi gli abeti addobbati con luci colorate e palline luccicanti: già oggi la Cina produce circa l'80 per cento mondiale di tutti gli addobbi, i balocchi e tutte le diavolerie natalizie.

Mao quindi cede il posto Babbo Natale. E' un ordine del partito: "compagni festeggiate!". Il messaggio parte dal cuore del potere comunista: dall'alto, si vuole che i cittadini confuciani si diano allo shopping sfrenato per celebrare la festa occidentale per antonomasia.

A meno di una settimana dalla Vigilia, le principali città cinesi sono adornate di simboli natalizi. La maggior parte delle persone non sa che si celebra la nascita di Cristo, ma considera il Natale l'equivalente straniero del Capodanno Cinese. Il valore del paragone, considerata l'importanza dell'amato Chunjie (Capodanno Cinese), spinge gli ospitali asiatici a voler rendere al meglio l'atmosfera della nostra festa. Così ne hanno già adottato tutti i simboli: l'albero di Natale, Babbo Natale, le renne, la neve, le luci scintillanti, i canti, i regali, fino ai torroncini e ai panettoni importati dall'Italia.

Il 2009, nelle metropoli dell'Impero di Mezzo, sarà ricordato come l'anno record di spese nel mese di dicembre. In Cina, Natale e Capodanno, d'ora in poi, si chiameranno ufficialmente "Festival del regalo".

Doppie feste, doppi regali, doppi consumi.

Fino a ieri, il Natale capitalista si erano limitati a produrlo da operai e ad esportarlo: addobbi, giocattoli, elettronica, vestiti, a prezzi da fiera. La cosa strana è che la maggior parte degli alberi di plastica del mondo, e le decorazioni natalizie sono fatti proprio in Cina, ma la gente che li fa non sa perché. Ma ora tutto è cambiato. Per la prima volta, lo scorso anno, le spese natalizie interne, in Cina, sono state superiori all'export. Una febbre nazionale.

Dietro il mausoleo di Mao, nelle nuove vie del lusso, davanti ai centri commerciali dei quartieri del business, si aggirano migliaia di confuciani Babbi Natale: distribuiscono doni a bambini stupefatti e vecchi spaventati. Megafoni diffondono "Happy Christmas" anche nel Tempio dei Lama. Le municipalità di Pechino, Shanghai e Shenzen hanno steso 170 chilometri di luminarie. Non ci sono, è chiaro, presepi: ma per il resto, in Cina ormai è più Natale che a Berlino, Roma, o New York.

I giornali, invasi dalla pubblicità di orologi, gioielli e alta moda, osano chiedere discretamente: "Compagni, ma cosa festeggiamo in dicembre?". La maggior parte delle persone delle campagne cinesi non celebrano il Natale e forse non hanno mai neanche sentito parlare del Natale! Un sondaggio ha stabilito che lo sa il 4% della popolazione. Di questo, il 96% ha meno di 24 anni e il 100% naviga in Internet.

Concludendo, quest'anno si può affermare con certezza che la festa del "povero bambin Gesù" sia diventata per i cinesi un nuovo status symbol del benessere. Ma non ci dobbiamo scandalizzare, perché i cinesi tradizionalmente "imitano" ciò che vedono.

E la domanda cattiva, a questo punto, è: Che idea abbiamo dato loro del Natale?

venerdì 17 dicembre 2010

La pietà fliale nella iconografia popolare cinese

Siamo vicini alla fine dell’anno: sicuramente molti di voi avranno ricevuto in passato biglietti augurali cinesi per il Capodanno come questo:
In Cina, l’iconografia popolare connessa con le festività o con le tradizioni è molto diffuse. I maggiori centri di produzione di queste immagini popolari sono Yangliuqing (un sobborgo a ovest di Tianjin) nel nord della Cina e Suzhou ( la famosa “Venezia d’Oriente”) nel sud-est, vicino a Shanghai.

In particolare, Yangliuqing è ampiamente noto in tutto il paese per la illustrazione di storie famose nella tradizione. Durante il regno  dell'imperatore Shundi della dinastia Yuan (1271-1368), un artista popolare che era specializzato in incisione, andò a rifugiarsi nella città di Yangliuqing. Grande fu la sua gioia quando si rese conto che la zona era ricca di foreste giuggiolo, in quanto il giuggiolo cinese è il miglior materiale per incisioni. In seguito, seguendo le orme del maestro, la gente del paese ha seguito il suo esempio, sviluppando una scuola di arte popolare. Nel 13° anno del regno di Yongle della dinastia Ming (1415), quando fu inaugurato il Grande Canale, carta fine e acquerelli prodotta nel sud della Cina furono trasportati a Yangliuqing, dando nuova vita all'arte dell'incisione e della stampa in città. Durante la dinastia Qing (1644-1911), a Yangliuqing operavano circa 100 laboratori di pittura e più di 3.000 persone erano sono impegnati nella creazione delle immagini augurali per il Capodanno. La città divenne poi nota a livello nazionale come per questo tipo di iconografia: si diceva che in ciascuna famiglia di Yangliuqing c’era almeno uno bravo a dipingere. In particolare divennero famose la famiglia Qi, che eccelleva nella pittura di racconti storici, e la famiglia Dai, che si era invece specializzata nella rappresentazione di drammi popolari.



Questi quadretti sono realizzati principalmente con tecniche combinate di stampa su blocchi di legno e pittura a mano. Ingegnose ed originali per la composizione, con tratti freschi e lisci, forme vivide e realistiche queste opere utilizzano come spunti di base antiche bellezze, dei bei bambini, richiamano tradizioni popolari o storie da opere classiche, miti e leggende.


Dopo la seconda guerra dell'oppio (1856-1860), Yangliuqing ha subito un periodo declino: solo nel 1926, Huo Yutang, discendente della famiglia di Huo Yuchenghao (una delle più famose famiglie di artisti) fondò il più grande laboratorio di pittura in Yangliuqing, ridando vita ad una tradizione secolare.

Uno dei temi cari all’iconografia popolare è quello della “pietà filiale” , tema trattato in uno dei cosiddetti “classici confuciani”, “Classico della Pietà Filiale” (Xiao Jing). L’argomento centrale dell’opera è la virtù dell’ «devozione» o «pietà filiale», che va intesa come il sentimento, misto di affetto e di rispetto, che il figlio deve nutrire nei confronti dei genitori. A questo sentimento è strettamente congiunto quel dovere di sottomissione e reverenza che l’inferiore è tenuto ad avere nei riguardi del superiore. Il figlio deve rispettare il padre, la moglie il marito, il suddito il sovrano: queste relazioni sono basate su un rapporto gerarchico e la «obbedienza» è la virtù più importante: Il figlio, rispetto ai genitori ha cinque doveri: procurare loro l’alloggio, provvedere al loro sostentamento, curarli durante le malattie, osservare il lutto alla loro morte, fare sacrifici regolarmente ai loro spiriti.
Ed è proprio questo l’argomento di molte illustrazioni dell’arte popolare di Yongliuqing. Vediamone alcune:



La didascalia dice:
“Jiang Ge, vissuto ai tempi della dinastia Han, era un giovane molto devoto alla madre. Erano tempi molto turbolenti e Jiang Ge sfuggiva ai pericoli portando la madre sulle spalle.Una volta incontrò dei banditi che lo volevano uccidere ma lui si lamentò piangendo, che se la madre fosse rimasta sola, nessuno si sarebbe occupato di lei. I banditi si commossero e lo lasciarono libero, perché potesse in futuro fare sacrifici alla madre, dopo la sua morte. Così Jiang Ge poté continuare a fare il suo meglio per contrastare ogni avversità, tutte le volte che la madre aveva bisogno.”



La didascalia dice:

"Min Sun, discepolo di Confucio, di indole molto devota, aveva perso la madre da piccolo.
La sua matrigna confezionava abiti di cotone per i suoi figli mentre per lui usava la lanugine dell’amento. Ungiorno, mentre stava tirando il carro del padre, sentì freddo e cominciò a tremare ed il carro si rovesciò. Quando il padre si accorse dei maltrattamenti della matrigna di Min Sun, aveva deciso di divorziare. Lui, piangendo, lo dissuase dicendo: “Se la mamma resta, io soffrirò il freddo ma se la mamma va via, tre bambini non avranno vestiti”. Quando la matrigna lo seppe, ne fu commossa e da quella volta trattò lui e i suoi figli allo stesso modo."


La didascalia dice:
"Jiang Shi, vissuto nel periodo della dinastia Han, era molto devoto alla madre. Sua moglie Pang Shi conosceva bene il marito ed era assieme a lui devota alla suocera. Alla madre piaceva bere l'acqua di un fiume, che distava dalla casa circa 3/4 Km: ebbene Pang Shi andava tutti i giorni a prendere l'acqua per la suocera. Inoltre a lei piaceva mangiare il pesce sminuzzato: entrambi tutti i giorni le cuocevano questo cibo. Un giorno, vicino alla casa, iniziò a sgorgare una sorgente d'acqua che aveva lo stesso sapore di quella del fiume. Non solo, ma ogni giorno una coppia di carpe saltava fuori dalla sorgente, consentendo loro di servire la madre senza dovere andare lontano … e tutto ciò grazie alla loro pietà filiale."


E’ impressionante il candore e l’ingenuità di queste storie! Questo è, a mio giudizio, uno dei misteri della psicologia cinese: non si riesce a capire come un popolo così sensibile e delicato nei sentimenti familiari sia poi capace delle durezze che tutto il mondo rimprovera alla Cina …

Lo Xiao Jing è un testo che può aiutare il lettore occidentale a capire alcuni tratti caratteristici della civiltà cinese, quali ancora oggi si manifestano. L’emigrazione dei cinesi, per esempio, si distingue per la tendenza molto marcata a ricreare, anche nei paesi stranieri, i vincoli della comunità di origine. Questo spirito, che secondo la nostra mentalità potrebbe essere definito “campanilistico”, se non “mafioso”, trova invece spiegazione proprio nella “pietà filiale”, che consente la conservazione di quell’organico sistema familiare, solidale e gerarchico, che affonda le sue radici nella tradizione confuciana.

Tuttavia in Cina si stanno verificando grandi cambiamenti sociali che mettono in seria crisi questo principio millenario: alla fine del 2009 si contano 167 milioni di anziani (quasi tre volte la popolazione italiana), in cui più dell'11% supera gli 80 anni. A questo vanno aggiunti i circa 32 milioni di anziani disabili o con handicap vari. Più del 50% delle coppie anziane (che spesso rimangono nelle campagne, nelle città più piccole, nelle zone dell'interno) vivono sole, lontane dai propri figli. La migrazione interna dei giovani sta frantumando le famiglie e il problema dell’assistenza agli anziani sta diventando una grande criticità in un paese abituato tradizionalmente a risolverla nel privato. Una parte importante del 12° piano quinquennale sarà costituito dai sussidi alla popolazione anziana: il piano propone la continuazione ,nelle campagne, del sistema delle "5 garanzie" (五保,che i riguardano i basilari bisogni degli anziani) per anziani e disabili a basso reddito, e nelle città, di assistenza per gli anziani dei "tre no" (无三,cioè per gli anziani senza parenti, senza lavoro, senza possibilità di lavorare). Saranno disposti servizi gratuiti, a prezzo ridotto, sviluppo completo dei servizi di assistenza sociale, miglioramento dei servizi di pensione sociale nelle città e nei quartieri, organizzazioni di servizi per assistenza domiciliare agli anziani, la costituzione di centri generali di assistenza sociale a livello distrettuale, organizzazioni di servizi assistenziali anche a livello comunale, la disposizioni di 30 letti nuovi ogni 1000 anziani. In generale, manca in Cina un'adeguata preparazione del personale specializzato nell'assistenza degli anziani: infatti, di fronte ad una domanda colossale, al momento ci sono in tutto il paese solo alcune decine di migliaia di addetti con una qualifica professionale. Il vice-ministro Dou Yupei ha posto l'accento sul miglioramento del livello di specializzazione, visto come inseparabile dallo sviluppo delle scuole superiori, tecniche, professionali, infermieristiche e dei vari settori nella medicina. Un altro passo sarà quello di promuovere, organizzare, sviluppare ed istituzionalizzare i servizi di volontariato che riguardano l'assistenza ad anziani e disabili.

E qui ritorna l’attualità del grande Confucio: Il “Progetto Confucio” data dal 2002, quando il governo cinese ha deciso di diffondere la lingua e la cultura cinesi nel mondo. Gli istituti Confucio – oggi presenti in più di 36 nazioni - servono non solo per apprendere la lingua e la cultura, ma anche per avere "una visione più chiara della Cina moderna". Grazie all'importanza della Cina nel mondo, gli studenti stranieri di lingua cinese crescono sempre più: secondo l’agenzia Nuova Cina nel mondo vi sono circa 30 milioni di stranieri che studiano cinese ed anche in Italia, nelle università di lingue, i corsi di cinese stanno avendo un boom di iscrizioni. Il progetto del governo cinese vuole promuovere non solo lo studio all'estero, ma anche diffondere le idee del grande filosofo in patria. Il desiderio di mostrare un volto noto alla cultura mondiale, la crisi della moralità e dei valori spirituali nel paese, la ricerca di identità ha fatto puntare tutto sul filosofo del V secolo a.C., sulla moralità da lui predicata, soprattutto la pietà filiale, l'obbedienza alle autorità, il sacrificarsi per il clan. La nemesi è che sia proprio il governo comunista a riportare in luce un filosofo che Mao ha tentato in tutti i modi di distruggere e che la Rivoluzione Culturale ha giudicato un simbolo della "arretratezza feudale".

Ma si sa, “è del saggio cambiare opinione…”



martedì 14 dicembre 2010

La raccolta delle prugne


Le prugne vanno colte subito:
non ne restano che sette.
Approfittiamo del momento propizio
per trovare, fra i tanti, l'uomo adatto.

Le prugne vanno colte subito:
non ne restano che tre.
Approfittiamo della giornata di oggi
pre trovare, fra i tanti, un uomo adatto.

Le prugne vanno colte subito,
e messe nel cesto inclinato.
Approfittiamo di questo incontro
per trovare, fra i tanti, l'uomo adatto.

Shi Jing - Il classico delle poesie -Parte I

domenica 12 dicembre 2010

Quando la radice è marcia...


Il re Wen Wang disse:
"Ahimè, tu, sovrano degli Yin e degli Shang,
hai intorno a te solo cicale,
che trasformano la corte in brodaglia bollente.
I mandarini piccoli e grandi, prossimi alla rovina,
deliberatamente si allontanano dalla giusta via,
nel paese suscitano odio,
inimicizia provocano all'estero.
Ahimè, tu, sovrano degli Yin e degli Shang,
non sai che la gente usa dire:
L'albero sta cadendo
non per le foglie morte
ma per la radice marcia.

Shi Jing - Classico delle Poesie - parte II (Poesie Nobili)

venerdì 10 dicembre 2010

Grandi manovre in Parlamento: il Maestro Sun consiglia...

Sun Zi dice:


"La guerra è una questione di importanza vitale per uno stato: comporta vita o morte, sopravvivenza o distruzione. Perciò è necessario occuparsene con la massima cura."

Per prevedere l'esito di una guerra, è essenziale valutare le condizioni dei belligeranti alla luce dei seguenti cinque fattori base:

Carisma, Tempo, Terreno, Comando, Organizzazione

1) Indurre il popolo a condividere le finalità dei governanti, in maniera tale che combattano e muoiano per loro senza disertare: questo è il Carisma

2) Il Tempo si riferisce alle condizioni climatiche: pioggia o sole, caldo o freddo ed altri mutamenti stagionali.

3) Distanze, altezze, facilità o difficoltà di spostamento, dimensioni e sicurezza: queste sono le valutazioni da applicare al Terreno.

4) Intelligenza, rettitudine, umanità, coraggio e severità: queste sono le qualità di un Comandante.

5) L' Organizzazione si riferisce struttura gerarchica del sistema, alla logistica, alle vettovaglie, ai finanziamenti.

Ogni generale conosce queste cinque cose. Chi le esamina, avrà successo; chi non le esamina, fallirà.

Quindi, per valutare le condizioni dei belligeranti allo scopo di prevedere l'esito di una guerra, bisogna considerare i seguenti elementi:

> Quale dei governanti delle due parti ha maggiore carisma?
> Quale dei generali delle due parti è più abile?
> La situazione climatica e le condizioni del territorio favoriscono chi?
> Chi mantiene la disciplina più efficacemente?
> Quali truppe sono le più forti?
> Chi possiede ufficiali e soldati meglio addestrati?
> Quale sistema di ricompense e punizioni è più equo?

Confrontando le due parti su questi argomenti, vittoria o disfatta possono essere previste.
Valuta i vantaggi e schiera le tue forze di conseguenza, con le opportune integrazioni tattiche.
E' la valutazione dei vantaggi che determina la strategia.

La guerra è il gioco degli inganni:

> Se sei abile, mostrati inabile. Se sei capace, mostrati incapace.
> Se intendi attaccare vicino, predisponi i preparativi come per una lunga marcia.
> Se intendi attaccare lontano, fingi di avere raggiunto la meta.
> Alletta il nemico con una prospettiva di guadagno; avvantaggiati della confusione e sconfiggilo.
> Quando il nemico è pronto, stai in guardia; quando è forte, evitalo.
> Suscita irritazione per creare disordine.
> Mostrati pavido per renderli arroganti.
> Spossali con manovre diversive.
> Provoca disarmonia tra le file del nemico.
> Sono impreparati: attacca. non se lo aspettano, fai la tua mossa.
> Non divulgare lo schieramento.
> Non divulgare la strategia.

Chi, in sede valutativa,
è certo della vittoria prima ancora di dare battaglia,
ha dalla sua i fattori strategici più vantaggiosi.

Chi, in sede valutativa,
è certo della sconfitta prima ancora di dare battaglia,
ha dalla sua i fattori strategici meno vantaggiosi.

Chi ha dalla sua molti fattori strategici vantaggiosi,
vince.

Chi ne ha pochi,
perde.

giovedì 9 dicembre 2010

Il maestro Sun e l'arte della guerra

Sūn Zǐ ( 孫子) è stato un generale cinese, vissuto probabilmente fra il VI e il secolo a.C. A lui si attribuisce uno dei più importanti trattati di strategia militare che nell'antichità siano mai stati scritti, L'arte della guerra (Sūn Zǐ bīng fǎ, 孫子兵法). Le fonti delle notizie relative al presunto autore sono scarse e inattendibili, ad eccezione del breve episodio biografico riportato intorno al II secolo a.C. dallo storico Sima Qian, che cita Sun Zi come generale vissuto nello stato di Wu nel VI secolo a.C., contemporaneo quindi di Confucio e di altri importanti intellettuali.


Sun Zi nacque presumibilmente nello stato della Cina settentrionale di Qi. Secondo la tradizione, apparteneva all'aristocrazia minore, che aveva perso i suoi domini come risultato del consolidamento degli stati egemoni durante il periodo delle primavere e degli autunni. Passato alle dipendenze del re dello stato di Wu come consigliere militare, verso la fine del VI secolo a.C., lo aiutò a portare a termine la conquista dello stato di Chu. In seguito alla presunta partecipazione ad un complotto venne evirato e mandato in esilio, dove scrisse il suo saggio. Il suo luogo di morte resta sconosciuto.


L’attribuzione dell'Arte della guerra a Sun Zi è stata contestata da molti studiosi. Nel 1972 furono scoperti alcuni testi incisi su bambù nei pressi di Linyi, nello Shandong. Queste versioni, datate intorno al 134-118 a.C., hanno confermato l'esistenza a quell'epoca di molte parti dell'opera già note e hanno fatte conoscere nuove parti fino ad allora sconosciute.

Le due più note versioni cinesi dell'Arte della guerra erano state fino a quel momento la fonte delle traduzioni nelle altre lingue. Solo dopo le nuove scoperte archeologiche si è aggiunta una versione più completa, edita a Taipei. Questa versione è diventata la fonte delle traduzioni più recenti e complete.

Il testo L'arte della guerra non è un'opera letteraria, bensì un manuale militare contenente regole su come condurre una guerra vittoriosa nell’antica Cina. In caso di guerra l’importante è vincere e vince solo chi sa pianificare in modo che quando si scende in campo si ottenga il massimo profitto nel minor tempo possibile, meglio se senza combattere o col minimo di perdite. La pianificazione deve avvenire in un contesto variabile, con pronte reazioni ai cambiamenti di situazione che portino a rapidi aggiustamenti dei piani e la disposizione tattica, anche applicando manovre irregolari ed imprevedibili ed avvalendosi di stratagemmi per dare al nemico informazioni sbagliate che lo inducano a valutazioni ingannevoli.

Da notare che ne emerge una visione ben poco "militarista" in senso stretto: se una guerra va iniziata solo quando si è sicuri di vincerla allora sarebbero rare le guerre intraprese (vincere il nemico senza bisogno di combattere, questo è il trionfo massimo).

In epoca moderna, l' Arte della guerra ha continuato ad influenzare la strategia militare. Il traduttore Samuel B. Griffith nel capitolo Sun Tzu and Mao Tse-Tung afferma che l'Arte della guerra influenzò la strategia di Mao Zedong ed include una citazione dello stesso Mao a proposito dell'importanza dell'opera di Sun Zi.

L'Esercito degli Stati Uniti ha incluso l' Arte della guerra fra le opere che devono essere presenti nelle biblioteche delle singole unità, per la formazione continua del personale.

Le teorie esposte nell' Arte della guerra, oltre ad essere considerate ancora attuali da molti moderni strateghi militari, hanno trovato applicazioni anche in altri campi, soprattutto in quello delle strategie manageriali, che attingono ad esse per modelli di comportamento da adottare nelle situazioni competitive.

martedì 7 dicembre 2010

Quando arriva il macellaio?


Coloro che traggono le loro risorse dagli altri uomini
sono i parassiti.
Così sono le pulci che vivono su un porco:
le parti pelose del porco le considerano
 il loro palazzo e il loro giardino,
utilizzano le pieghe delle zampe, delle mammelle e delle cosce
 come camere confortevoli e piacevoli alloggi.
Non sospettano che verrà un giorno in cui il macellaio
con larghi gesti delle braccia spargerà per terra della paglia
e prenderà in mano una torcia.
Quel giorno saranno bruciate insieme al porco.
Come loro, i parassiti salgono di grado con il loro protettore
ed insieme a lui cadono in disgrazia.
Zhuang Zi, XXIV