Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

martedì 28 aprile 2015

Matematici, cartografi, musicisti, pittori: per entrare nelle grazie Figlio del Cielo, i Gesuiti ne hanno fatte di tutti i colori!



Per la serie dei poliedrici personaggi che hanno fatto grande l’Italia agli occhi dei cinesi, oggi è la volta di Giuseppe Castiglione: gesuita, missionario e pittore, vissuto in Cina nel XVIII secolo presso la corte mancese dei Qing, Castiglione è indiscutibilmente l'artista occidentale più famoso tra quelli che hanno lavorato in Cina. Ha servito come pittore di corte sotto il regno di tre imperatori (Kangxi, Yongzheng e Qianlong) creando uno stile originale di pittura che unisce tecnica occidentale e orientale. Rispetto a Marco Polo e Matteo Ricci, Castiglione è meno conosciuto dagli italiani: in realtà è una personalità importante negli scambi culturali tra Occidente e Oriente. Grazie a questo è ricordato in tutti i libri scolastici, dalle scuole elementari all'università, nel mondo cinese. I suoi capolavori sono conservati nei musei imperiali di Pechino e di Taipei.

Nato a Milano il 19 Luglio 1688, Castiglione studiò pittura probabilmente con Carlo Cornara in una famosa bottega di stampatori o con Filippo Abbiati, uno dei grandi pittori del tempo. A diciannove anni divenne gesuita entrando nel noviziato di Genova e cominciò a dipingere per le chiese, guadagnandosi una certa fama nel mondo dell'arte. Per la sua passione per la cultura orientale, chiese di diventare missionario in Cina, e venne subito autorizzato, anche perché l'imperatore di allora, Kangxi, richiedeva un pittore italiano di talento per la sua corte. Castiglione aveva 27 anni quando si trasferì a Coimbra, in Portogallo, in attesa dell'imbarco per l'Asia. Là dipinse la cappella del noviziato, e fece due ritratti per i figli della regina di Portogallo, ora perduti. Partito da Lisbona nel 1714, dopo essersi fermato a Goa e a Macao, nel 1715 arrivò come missionario in Cina, pittore alla corte imperiale di Pechino.

Nel periodo di regno di Kangxi, la Cina viveva in un orgoglioso isolamento, tuttavia imperatori e funzionari conoscevano i missionari sin dal secolo precedente, di cui apprezzavano non tanto l’insegnamento religioso quanto le conoscenze scientifiche. Matteo Ricci e Martino Martini ne sono ottimo esempio per la loro introduzione della geometria  e della cartografia in Cina.


Essendo un sovrano curioso di conoscere le scienze occidentali, un carattere molto raro tra gli imperatori cinesi, Kangxi apprese dai missionari nozioni di algebra, geometria, musica, astronomia e medicina occidentale.

Quando Giuseppe Castiglione incontrò per la prima volta l'imperatore Kangxi, il sovrano aveva 61 anni, e si opponeva alla predicazione dei missionari. Nonostante la fede religiosa di Castiglione, Kangxi lo trattò in modo cortese, dicendogli: "Le dottrine occidentali sono contrarie al pensiero ufficiale cinese, quindi noi assumiamo i missionari solo perché conoscono i principi di base della matematica."

Così Castiglione diventò un pittore di corte, iniziando la sua  lunga carriera anni alla Città Proibita. Durante la sua permanenza in Cina, Castiglione assunse il nome di Lang Shining (郎世宁, dove Lang è un titolo onorifico e Shining significa “Pace del Mondo”). Ogni mattina alle sette usciva dalla sua casa vicino alla chiesa cattolica di Wangfujing, l'attuale cattedrale dell'est di Pechino, camminando verso ovest fino alla Porta Donghua della Città Proibita, dove faceva richiesta alle guardie di entrare a corte e iniziare il suo lavoro. Vale la pena ricordare che la chiesa di Wangfujing esiste ancora oggi, è situata nella parte nord della famosa via commerciale Wangfujing, ed è ormai un sito turistico di Pechino. 


Ma Castiglione non era l’unico italiano alla corte di Kangxi, tuttavia si può dire che tra gli artisti e artigiani italiani giunti a Pechino nello stesso periodo, ossia Giovanni Damasceno Sallustri da Roma, Giovanni Gherardini da Modena, Giuseppe Panzi da Cremona, e Matteo Ripa da Napoli, Giuseppe Castiglione sia stato il più originale, capace di realizzare vari temi pittorici, fra cui ritratti, animali, fiori, uccelli e paesaggi, il che ne fa uno dei rappresentanti più celebri della pittura imperiale.

Non a caso Kangxi, amante anche della musica, aveva fatto venire dall’Italia  - dopo la morte di Tomas Pereira, altro missionario musicista che lavorava alla sua corte - Teodorico Pedrini, un altro gesuita già famoso in patria per le sue doti musicali e gli aveva affidato l’insegnamento di tre dei suoi numerosi figli.


Poiché Kangxi non amava la pittura ad olio, perché con il tempo si annerisce, Castiglione iniziò a dipingere sulla seta con dei pigmenti speciali, una tecnica che non permette nessuna correzione, mentre qualsiasi esitazione o eccesso nell'uso dei pigmenti può rovinare l'intera opera. La cosa era resa ancora più difficile dal fatto che Lang Shining – come gli altri artisti cinesi e stranieri -  lavorava in una sala presso il giardino imperiale, dove faceva caldo d'estate e d’inverno i  pittori dovevano riscaldare i pigmenti nel forno per evitare che si solidificassero.


In più c'erano delle altre difficoltà da superare nel dipingere per gli imperatori. In passato, i cinesi ritenevano falso e non artistico trattare i problemi di spazio nella pittura con la prospettiva, quindi esistono diversi punti focali nella pittura tradizionale cinese, invece in quella occidentale ce n'è solo uno, e neanche l'angolazione visuale è fissata come nella pittura occidentale. Un'altra cosa è che nella pittura cinese i ritratti devono essere piatti, non si usano ombre, considerate come dei difetti.


Kangxi morì nel 1722 e il suo successore Yongzheng permise all'artista milanese di rimanere a corte come pittore. Lang Shining riuscì a far capire la tecnica del chiaroscuro all'imperatore Yongzheng e agli altri pittori di corte. Durante il periodo di regno di Yongzheng, Castiglione realizzò uno dei suoi capolavori, i "Cento Cavalli", a dimostrazione del suo stile artistico occidentale, ma con meno elementi anatomici, il che lo rendeva vicino al gusto estetico cinese.



Il terzo imperatore sotto cui Castiglione lavorò fu Qianlong, uomo di vedute aperte e grande amante di arte e cultura. Castiglione allora rappresentava già una figura di rilievo a corte in quanto artista straniero che riusciva a combinare arte occidentale e stile cinese. Sebbene Qianlong non apprezzasse inizialmente il suo modo di dipingere realistico occidentale, nel corso del tempo Castiglione affinò ancora di più la tecnica della pittura tradizionale cinese e la sua abilità d'artista fu sempre più apprezzata diventando l'artista per eccellenza a corte.


Come in tutto il resto del mondo, i pittori di corte cinesi dovevano registrare gli importanti eventi dell'impero e della corte, come le nozze dell'imperatore, il compleanno dell'imperatore e dell'imperatrice-madre, le maggiori feste e celebrazioni, nonché i viaggi di ispezione nelle province e le parate degli imperatori, i grandi eventi politici e le operazioni militari. 


In qualità di pittore di corte, Lang Shining partecipò alla creazione di molte opere su temi importanti, fra cui il dipinto dell'imperatore Qianlong alla parata.
Osservando questo dipinto che possiamo capire meglio l'arte di Lang Shining: si tratta di un dipinto su seta, largo 2,3 metri e lungo 3,3 metri. Nel ritratto a cavallo, l'imperatore Qianlong indossa delle vesti fastose e porta delle dorate. Il suo viso esprime pienamente la fiducia del sovrano. Diversamente dalla pittura tradizionale cinese, il dipinto è fortemente realistico, il viso dell'imperatore è reso in modo tridimensionale, e i dettagli delle sue armi sono resi con la massima cura.
La pittura tradizionale cinese a inchiostro, sia precisa che idealizzata, si basa sulla linea, senza chiaroscuro, mentre nel ritratto di Qianlong alla parata si nota l'attenzione del pittore per la luce e per la prospettiva. Attraverso una tecnica raffinata e dei colori brillanti, il pittore ha creato un'immagine compatta, non lineare, di stile tipicamente occidentale. Il dipinto si può definire un ritratto, tuttavia, nel realizzarlo, Castiglione seguì strettamente la volontà dell'imperatore. Nell'opera, egli imposta il chiaroscuro con la luce ad angolo zero, e le linee sono tutte ricoperte di colore dopo essere state usate per i contorni. Nel paesaggio vicino, l'erba e le foglie sono raffigurate nello stile delle nature morte occidentali, solo il paesaggio montano in lontananza segue la tecnica tradizionale della pittura di corte. 

Qianlong era salito al trono nel 1736, quando l'impero Qing era al culmine della potenza e della ricchezza. Il giovane imperatore, molto ambizioso, volle portare all'apice quest'epoca di splendore. Secondo le regole, ogni tre anni l'imperatore doveva tenere una grande parata, così nel quarto anno di regno, il giovane Qianlong tenne la sua prima parata. Il dipinto di Qianlong alla parata raffigura il sovrano che arriva nel Giardino imperiale meridionale, nel sud di Pechino, per passare in rassegna 20 mila soldati mancesi delle 8 Bandiere. La prima parata della sua vita impressionò molto il giovane Qianlong, che ordinò di dipingerne le scene per tramandarle ai posteri.


Per quanto riguarda le scene della parata, si possono ammirare nel dipinto "Scene della grande parata", realizzato collettivamente da Lang Shining, Jin Kun, Liang Shizheng e una decina di altri pittori di corte.
Le truppe in parata delle Otto Bandiere erano l'élite dell'esercito Qing. Le Bandiere erano caratterizzate da otto colori: giallo, bianco, rosso, azzurro, giallo bordato, bianco bordato, rosso bordato, e azzurro bordato. Nella scena della parata, un rotolo di pittura largo 60 cm e lungo 17 m, si possono contare 16 mila soldati, ed anche se di piccole dimensioni, se ne possono distinguere perfettamente i visi e l'aspetto.
In qualità di protagonista, l'imperatore Qianlong, con l'elmo, l'armatura, la sciabola e le frecce, cavalca un cavallo bianco, è dà un'impressione di maestà e potenza. Nonostante nel dipinto la sua figura sia di piccole dimensioni, le proporzioni sono perfette. Alcuni esperti ritengono che le figure di Qianlong e del suo cavallo siano opera di Lang Shining.


Ma Castiglione non si limitò alla pittura: la sua fama e la sua grandezza come artista, fecero sì che Qianlong gli affidasse la progettazione e il completamento delle fontane e delle decorazioni dei padiglioni in stile occidentale all'interno dei giardini del Vecchio Palazzo Estivo. Per questa grande costruzione, Castiglione riunì un team di artisti occidentali, tra cui l'architetto francese Michel Benoist, anch'egli gesuita (…), e insieme lavorarono per la costruzione e il completamento di quei padiglioni che divennero un luogo favorito per i pomeriggi dell'imperatore e delle concubine. Si tratta di costruzioni miste, all'esterno si vedevano colonne di marmo, e le decorazioni barocche italiane, mentre i tetti erano coperti da tegole smaltate e di gronde sospese cinesi.
Di Castiglione è la realizzazione dei dodici bronzi che ornavano la fontana zodiacale di Yuanming Yuan, disegnata dal Benoist. Purtroppo gli interi padiglioni occidentali del Vecchio Palazzo Estivo vennero poi distrutti dalle truppe anglo-francesi nel 1860,  durante la seconda Guerra dell’Oppio per cui oggi sono visitabili solo le rovine.


Castiglione passò 51 anni come pittore di corte dipingendo svariati soggetti. Creò un genere unico, fatto di una miscela di pittura europea e dell'estetica della migliore società cinese del XVIII secolo. Particolarmente importanti sono i ritratti dell'imperatore e delle sue concubine, straordinariamente apprezzati a corte, e dei cavalli imperiali, soprattutto il lungo rotolo dei cento cavalli e il dipinto verticale degli otto cavalli, conservati nel museo del Palazzo di Taipei. In occasione dell'anno del cavallo 2014, il museo ha fatto allestire una grande versione digitale animata del dipinto dei cento cavalli.
Giuseppe Castiglione morì a Pechino il 17 luglio 1766, tre giorni prima di compire 78 anni, e fu seppellito nel cimitero dei missionari occidentali situato fuori della porta Fuchengmen. L'imperatore Qianlong fu costernato per la sua scomparsa, e per onorarlo lo insignì di un titolo ministeriale postumo di terzo grado. Il sovrano scrisse personalmente un testo funebre, facendolo inciderlo sulla stele della sua tomba.

Nel 2005, fu il protagonista della serie televisiva cinese Palace Artist ("Artista di Palazzo"), interpretata dall'attore canadese Mark Rowswell (famosissimo in Cina con il nome d'arte di Da Shan) e trasmessa dalla China Central Television (CCTV) (la principale emittente cinese).
È ora in post-produzione un nuovo docu-drama su Giuseppe Castiglione, realizzato dal Kuangchi Program Service, Taipei, in collaborazione con Jiangsu Broadcasting Corporation, Nanchino, per la messa in onda sulla televisione nazionale cinese (CCTV) nell'estate 2014.
Nel 1990 capolavori di Castiglione furono portati a Torino per una mostra nel palazzo reale di Venaria.
Nel 2007 la mostra "Capolavori dalla città proibita. Qianlong e la sua corte" organizzata dalla Fondazione Roma nel Museo di via del Corso, ha esposto quattro capolavori di Giuseppe Castiglione prestati per l'occasione dal Museo della Città Proibita di Pechino.



Fonti






giovedì 2 aprile 2015

Sul monte Wutai si venera la Saggezza





Il Monte Wutai (五台山 Wǔtái Shān), situato nella provincia cinese dello Shanxi,  è uno dei quattro monti sacri del Buddhismo cinese. Il suo retaggio culturale comprende 53 monasteri sacri, inclusi tra i patrimoni dell’umanità dell’UNESCO 2009.

In Cina ci sono 9 montagne sacre: 5 Taoiste e 4 Buddhiste, disseminate sul territorio secondo regole precise. I monti sacri sono generalmente di difficile accesso, ma sono molti i cinesi che intraprendendo il pellegrinaggio per visitarli: ne rimangono affascinati e atterriti, ma allo stesso tempo spinti da una curiosità intellettuale e spirituale.

In cinese «andare in pellegrinaggio» si dice 朝圣进香 (cháo shèng jìn xiāng) che significa letteralmente «presentarsi al sacro offrendo l’incenso» come lo si fa davanti ad un antenato o a un sovrano. Molto spesso, nei loro giri, i pellegrini usavano visitare diverse montagne. Il più conosciuto di questi «giri» è quello delle «quattro montagne celebri» del buddhismo cinese (四大名山sì dà míng shān) tutte dedicate ai dei bodhisattva, cioè a quegli esseri illuminati che hanno rinunciato alla loro liberazione per la salvezza di tutti
Ricordo che gli altri tre monti sacri sono:

Il Monte Emei (峨嵋山 Éméi Shān) nella provincia di Sichuan (3099 metri), consacrato al culto di Samantabhadra (Puxian)

Il Monte Jiuhua, (九华山 Jiǔhuá Shān) nella provincia di Anhui (1342 metri), casa madre del sovrano dei morti che è Ksitigarbha (Dizang)

Il Monte Putuo, (普陀山 Pǔtúo Shān) nella provincia di Zhejiang (297 metri), centro dei devoti di Avalokitesvara (Guanyin)

Wutai Shan (Il Monte delle Cinque Terrazze) prende il nome dalla sua strana topografia, composta da cinque picchi arrotondati (nord, sud, est, ovest, centrale), di cui quello settentrionale, chiamato Beitai Ding  è il più alto, nonché punto più alto della Cina settentrionale (3058 m s.l.m.).
Il Wutai Shan è uno dei siti più antichi di diffusione del buddhismo in Cina; come centro religioso data dal regno dell'imperatore Ming Di (58-75 d.C.) quando, secondo una leggenda, un monaco indiano giunse al monte ed ebbe una visione nella quale incontrò Buddha Manjusri. E fu così che a somiglianza delle altre montagne sacre al buddhismo - dedicata ognuna a un bodhisattva particolare -  Wutai Shan fu dedicato a Manjusri (noto anche come Buddha Wenshu, 文殊).


Manjushri, (che significa "Dolce Gloria" ) è uno dei più importanti bodhisattva: è definito il principio della saggezza di tutti i Buddha, ed è considerato il Bodhisattva della Consapevolezza. La sua figura acquisisce rapidamente notorietà in India, ma anche in tutti i paesi toccati dal Mahayana, e la sua popolarità è confermata da numerose leggende. Nel suo aspetto più consueto è raffigurato come un adolescente dai capelli annodati in cinque crocchie, seduto a gambe incrociate, con una spada fiammeggiante nella mano destra (che serve a recidere il velo dell'Illusione e delle apparenze, ed è l'emblema della Prajna, la "Suprema Conoscenza", e nella sinistra lo stelo di un loto blu (Uptala), sormontato dal volume della Prajnaparamita, che è la esposizione del Buddha sulla sapienza trascendente che si può raggiungere attraverso la realizzazione della vacuità (shunyata).
Nella iconografia buddhista cinese Wenshu viene tradizionalmente mostrato come un bodhisattva maschio, a cavallo di un leone, che tiene in una mano o uno scettro o una spada e nell’altra un rotolo. Lo scettro è simbolo di buon auspicio e dell’ottenimento dei desideri, mentre la spada rappresenta la potenza della saggezza trascendente che spezza l’ignoranza e le visioni erronee e il rotolo rappresenta il sutra Prajnaparamita. Il leone su cui Wenshu siede rappresenta, se di colore d’oro, la nobile maestà della saggezza trascendente, mentre se è di colore verde o blu è simbolo della mente selvaggia che viene addomesticata dalla saggezza.

Si dice che il bodhisattva si manifesti spesso sulla montagna, assumendo la forma di pellegrini, monaci o, più raramente, di cinque nuvole colorate. La festa di Wenshu si celebra il IV giorno del IV mese lunare.

Il Wutai è stato il primo dei quattro monti  ad essere riconosciuto come monte sacro. Avvenne sulla base di un passaggio dell'Avatamsaka Sutra (Húayán jīng; 華嚴經), che descrive i luoghi di culto di molti bodhisattva. In questo capitolo, si dice che Manjusri si trova su una «montagna fresca e pura» nel nord-est. Questo gli ha fatto meritare il soprannome di清涼山Qīngliáng Shān.

All'epoca dei Wei settentrionali, Wutai Shan era un prospero centro buddhista, così importante da essere raffigurato su un affresco nelle grotte di Dunhuang a Gansu. Il monte raggiunse il massimo della popolarità sotto la dinastia Tang, epoca in cui si raggiunse la cifra di oltre duemila templi disseminati sulle sue cime, nei quali i monaci si dedicavano allo studio dell'Avatamsaka sutra. Il numero dei templi diminuì nel tardo periodo Tang, quando il buddhismo fu perseguitato, ma la montagna godette di una seconda giovinezza sotto la dinastia Ming, grazie al favore imperiale. L'imperatore Kang Xi la visitava di frequente. Nel XV secolo, in zona andò a predicare il fondatore della setta tibetana dei Berretti gialli, che sosteneva il rigore e l'austerità contro la dottrina più blanda della precedente setta dei Berretti rossi.


Della quarantina di templi rimasti, buona parte si trova nel villaggio monastico di Taihuai, situato in una depressione circondata dalle cinque sacre vette. La zona, per la sua difficile accessibilità, è sempre stata abbastanza al riparo dagli eccessi del periodo maoista, per cui molti templi sono usciti indenni Rivoluzione Culturale. Oggi paradossalmente la situazione si è rovesciata: gli speculatori hanno prestato attenzione al richiamo di Jiang Zemin di "rendere famoso il Wutai" (un ordine che da allora è affisso accanto all'immagine del presidente su un cartellone gigantesco all'ingresso di Taihuai), cominciando a costruire ville imponenti nella valle. Lo stesso ha fatto la sezione locale del Partito che ha costruito un monumento a Mao Zedong, e oggi un busto in ceramica di quell'ateo impenitente troneggia nel cuore del tempio principale. Grazie al miglioramento della rete stradale, e possibile raggiungere Taihuai in sole cinque ore da Datong o da Taiyuan. I templi sono tutti attivi, per cui è normale vedere monaci dalla testa rasata e in vesti arancioni e marroni che officiano cerimonie esoteriche o girano intorno agli stupa. Purtroppo, sta diventando normale anche vedere gruppi turistici stranieri e cinesi sbarcati dai pullman che si ammassano ad osservarli.




Il Tempio Tayuan (Tayuan Si), riconoscibile per la grande pagoda bianca a forma di bottiglia, fu costruito durante la dinastia Ming ed è il più imponente tempio di Taihuai. La pagoda, alta 50 m e in stile tibetano,  è il simbolo del villaggio. La sua guglia bianca a forma bulbo, collocata su un'ampia base quadrata, s'innalza sopra i tetti grigi, mentre, quando c'è forte vento, il rintocco dei 250 campanelli appesi al tetto in bronzo si sente in tutta la cittadina. Le molte pagode di questo stile sul Wutai - di cui questa è la più grande - testimoniano l'importanza del monte per il lamaismo tibetano e mongolo, rappresentato anche dagli alti pali in legno con cappucci in bronzo che si vedono entrando in molti templi.


Dietro la pagoda fu costruita una biblioteca a due piani della dinastia Ming per custodire la bella, quanto strana, libreria girevole in legno, molto più antica del resto del complesso e ancora in uso. La libreria, a forma di torre esagonale è coperta da un tetto conico, sale al secondo piano attraverso il soffitto del primo e gira intorno a uno stretto perno dipinto a somiglianza di un fiore di loto. I 33 piani di scaffali, suddivisi in piccoli vani e dipinti a motivi ornamentali, custodiscono volumi di sutra, in tibetano, mongolo e cinese, fra cui un sutra Ming scritto con il sangue e altri con inchiostro fabbricato con pietre preziose polverizzate.



 A est del Tayuan Si si trova il Luohou Si, una ricostruzione Ming di un tempio Tang, degna di nota soprattutto per l'altare circolare ligneo del salone centrale, con un motivo a onde alla base che sorregge un grande loto in legno con petali mobili, che vengono aperti da un meccanismo sottostante per mostrare i quattro Buddha seduti al suo interno.


Lo Xiantong Si, sempre dietro al Tayuan Si, pare che risalga ai Han orientali (52 d.C.), ma il complesso attuale è in stile Ming e Qing. Tra le quattrocento sale, ce n'è una completamente in bronzo, con tanto di puntelli e cardini a imitazione di un raffinato lavoro in legno. Le pareti e le porte sono decorate a motivi animali e floreali verso l'esterno, mentre all'interno da file su file di minuscoli Buddha, insieme a un elegante Buddha Manjusri in bronzo seduto su un leone dal volto umano. Nel cortile centrale sorgono due pagode sempre in bronzo, la cui complessa decorazione comprende figure che cavalcano pesci e cavalli in mare e file di bodhisattva. Il tempio è noto anche per la raffinatezza della costruzione, che si ammira soprattutto nel Padiglione dello Splendore Incommensurabile, le cui gronde sono a imitazione di puntelli lignei. Il teatro all'aperto, di tanto in tanto, ospita rappresentazioni operistiche della compagnia itinerante dello Shanxi, in cui si può ammirare la gente del posto, vestita alla Mao, che canta le arie seguendo le parole proiettate su nastri di seta appesi.


Circa 2,5 km a sud di Taihuai si trova il vasto Tempio Nanshan (南山寺 Nanshan Si), costruito durante la dinastia Yuan, che offre un bel panorama sulla valle del Wutai Shan. Il tempio è composto da sette terrazze, divise in tre parti. I tre più bassi sono chiamati tempio Jile (极乐寺), i mediani sala Shande (善德堂) ed i superiori tempio Youguo (佑国寺), è ornato da affreschi che illustrano la storia del romanzo Viaggio in occidente.

Tra gli altri luoghi di interesse ricordiamo l'arco in marmo del Tempio Longquan (Longquan Si) e il Tempio Shuxiang (Shuxiang Si), che custodisce una statua del Buddha, alta 26 m, e sculture di 500 arhat. 

Accessibile da una scala in pietra di 108 gradini (il numero di grani del rosario buddhista), il Pusa Ding (Y5), un complesso Ming e Qing dove alloggiarono anche gli imperatori Kangxi e Qianlong, è situato su un colle al centro di Taihuai, in posizione ideale per contemplare la cittadina e organizzarsi un giretto.


Proseguendo verso sud, si arriva al Padiglione Wanfo, un tempo parte del Tayuan Si, che racchiude un gran numero di statue buddhiste e ha davanti due pagode in pietra in stile tibetano. Più a sud sorge lo Shuxiang Si (Y4) il più grande del Wutai Shan, un restauro Qing di un edificio Tang, notevole per il Buddha Manjusri bronzeo affiancato da cinquecento lohan.