Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

lunedì 17 ottobre 2011

Alessandro Magno, il suo impero confinava con la Cina

Alessandro Magno (356 – 323 a.C.) fu re di Macedonia a partire dal 336 ed è conosciuto anche come Alessandro il Conquistatore: è considerato infatti uno dei più celebri conquistatori e strateghi della storia. In soli dodici anni conquistò l'intero Impero Persiano, dall'Asia Minore all'Egitto fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India settentrionale. Le sue vittorie sul campo di battaglia, accompagnate da una diffusione universale della cultura greca e dalla sua integrazione con elementi culturali dei popoli conquistati, diedero l'avvio al periodo ellenistico della storia greca. Un merito non secondario dell’azione di Alessandro è stato l’avvio dell'apertura della Via della Seta, unione dell'Estremo Oriente con l'Occidente, diretta conseguenza dell'espansione del suo impero verso l'Asia Centrale fino alla valle di Fergana, ai confini della provincia cinese dello Xinjiang. Alessandro morì per cause misteriose a Babilonia, a soli 33 anni: dopo la sua morte, l'impero venne suddiviso tra i generali che lo avevano accompagnato nelle sue conquiste, costituendo di fatto i regni ellenistici, tra cui quello Tolemaico in Egitto, quello degli Antigonidi in Macedonia e quello dei Seleucidi in Siria, Asia Minore, e negli altri territori orientali.



L'antica Macedonia
Ma chi erano questi Macedoni? Gli studiosi moderni li hanno definiti come un popolo indoeuropeo insediato già nel II millennio a.C. nella regione balcanica che da loro ha preso il nome. Impossibile affermare con sicurezza se i Macedoni fossero greci: le testimonianze del macedone antico sono troppo scarse e potrebbe trattarsi sia di una lingua greca, sia di una lingua in parte grecizzata. Rimane il fatto che per lungo tempo vennero considerati popolazione semi-barbara dagli abitanti delle colonie greche a loro sottomesse.

La Macedonia tuttavia entra da protagonista nella storia greca con Filippo II, il re della dinastia degli Argeadi che prende il potere nel 356 a. C. Filippo II - padre di Alessandro - in un primo tempo riorganizza il regno di Macedonia, creando una vera e propria corte di nobili .

Filippo II
Successivamente Filippo riesce ad approfittare della debolezza delle poleis greche, in continua lotta per l’egemonia e al tempo stesso minacciate dalla potenza persiana. Con la battaglia di Cheronea (338 a. C.) ottiene un successo decisivo contro la coalizione antimacedone formata essenzialmente da Atene e da Tebe. Subito dopo si mette a capo di una lega panellenica, con l’obiettivo di intraprendere la guerra contro la Persia. Si sta già svolgendo la fase preparatoria della spedizione, quando però Filippo viene assassinato (336 a. C.) da Pausania, un ufficiale della guardia, a seguito di una congiura di palazzo di cui le fonti antiche danno varie e talvolta fantasiose spiegazioni. Lo stesso figlio Alessandro e sua madre Olimpiade, terza moglie di Filippo, sono sospettati di essere gli istigatori della congiura, se è attendibile il racconto di Plutarco.

E qui inizia la parabola di Alessandro: fisicamente non era avvenente ma era tozzo e di corporatura robusta; aveva gli occhi di colore diverso (uno blu l'altro marrone, o forse uno sull'azzurro e l'altro nero), mentre la sua voce era aspra. Fra gli scultori del tempo, Lisippo ritraeva molto fedelmente il giovane Alessandro: nel realizzare il ritratto di Alessandro trasformò il difetto fisico - che obbligava il giovane re a tenere la testa sensibilmente reclinata su una spalla - in un atteggiamento verso l'alto che sembra alludere a un certo rapimento celeste, «un muto colloquio con la divinità».

Alessandro ritratto da Lisippo
La sua educazione fu curata particolarmente: ebbe come maestro il filosofo Aristotele, da cui Alessandro apprese l'amore per la medicina, per la filosofia, e per la letteratura. Alessandro resterà legato a quest’uomo per tutta la vita, sia come amico che come confidente. Di lui diceva: «Mio padre Filippo, dandomi la vita, mi ha fatto scendere dal cielo in terra; Aristotele, con la sua istruzione, mi ha fatto risalire dalla terra al cielo». Tra i vari autori quello che preferiva era Omero, di cui ammirava soprattutto l'Iliade: Alessandro giudicava questo poema un testo fondamentale di virtù bellica e non se ne separava mai. Dimostrò ben presto un carattere inflessibile, desideroso di gloria e fama, ma mitigato da un forte senso del dovere. La moderazione, la lealtà, ed il coraggio sono altre doti che i biografi antichi gli attribuiscono. Si racconta che un giorno alla corte macedone fu portato uno splendido cavallo, ma scontroso e intrattabile: Alessandro fu l'unico capace di domarlo. Quel cavallo era Bucefalo, che divenne il suo fedele compagno in ogni battaglia, morendo durante la campagna indiana.

Alessandro e Diogene


Un altro famoso aneddoto su Alessandro, riferisce al suo incontro con il filosofo cinico Diogene, che viveva in una botte, disprezzando le consuetudini sociali e rinunciando a tutti i beni superflui. Per provocarlo, Alessandro gli mandò un vassoio pieno di ossi e lui lo accettò e gli mandò a dire causticamente: «Degno di un cane il cibo, ma non degno di re il regalo». In seguito – come riferisce Plutarco in Vite Parallele - «Il re in persona andò da lui e lo trovò che stava disteso al sole. Al giungere di tanti uomini egli si levò un poco a sedere e guardò fisso Alessandro. Questi lo salutò e gli rivolse la parola chiedendogli se aveva bisogno di qualcosa; e quello: − “Scostati un poco dal sole”. A tale frase si dice che Alessandro fu così colpito e talmente ammirò la grandezza d'animo di quell'uomo, che pure lo disprezzava, che mentre i compagni che erano con lui, al ritorno, deridevano il filosofo e lo schernivano, disse: − «Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene».

Dopo la morte del padre, Alessandro deve immediatamente consolidare il proprio potere. In primo luogo, con il pretesto di individuare e punire i mandanti dell’assassinio del padre, elimina tutti i membri della famiglia reale che potevano avanzare pretese dinastiche. Poi, con la campagna di Illiria (335 a. C.) sconfigge tutti i popoli dell’area centrale balcanica per proteggere meglio i confini settentrionali della Macedonia, ed infine impone la sua egemonia alla Grecia. L’unica città che si ribella apertamente è Tebe, che viene assediata e distrutta. Alessandro vuole che sia risparmiata dalla distruzione solo la casa del poeta Pindaro, per sottolineare di essere ammiratore e sostenitore della cultura greca. Subito dopo riprende il programma del padre e guida la grande spedizione che, in dieci anni, lo porterà a sottomettere l’impero persiano e spingersi oltre, fino all’Asia centrale e all’Indo, prima di rientrare a Babilonia, scelta come capitale dell’impero.

L’ostilità tra Macedoni, Greci e Persiani risale a molto tempo prima: nel 499 a.C., istigati da Aristagora, tiranno di Mileto, le colonie ioniche avevano costituito la cosiddetta «lega ionica» ribellandosi ai satrapi persiani locali. Galvanizzati dal successo, ai ribelli si erano uniti le città dell'Ellesponto, della Caria e di Cipro. La reazione di Dario I dei persiani fu a questo punto durissima: a una a una costrinsero alla resa le città greche, finché nel 494 a.C. schiacciarono definitivamente la rivolta. Nel 492 a.C. Mardonio, generale di Dario I tentò l'impresa della conquista greca, dopo aver eliminato tutti i tiranni nelle poleis asiatiche e soggiogato il regno di Alessandro I di Macedonia, ma fallì a causa di una terribile tempesta presso il monte Athos, nella penisola calcidica, che distrusse la flotta.

Nonostante l'insuccesso, nel 490 la spedizione fu ritentata sotto il comando del generale Artaferne. La flotta persiana passò per Samo, espugnò Nasso, sottomise il resto delle isole Cicladi e proseguì verso Eretria e la distrusse. Atene a quel punto si ritrovò da sola a fronteggiare l'esercito persiano, ma grazie alle capacità militari di Milziade riuscì a resistere . I Persiani furono sconfitti nella battaglia di Maratona e respinti sulle navi. Secondo il mito l'esito positivo di questo scontro fu riportato direttamente dal campo di battaglia ad Atene da Filippide: la sua impresa che consisté nel ricoprire tale distanza correndo è ricordata ancor oggi con, appunto, la gara atletica della «maratona».

Nel 486 a Dario I succedette Serse I. Il figlio decise di vendicare la sconfitta paterna e organizzò subito una nuova spedizione. Se la guerra portata da Dario doveva configurarsi solamente come spedizione punitiva nei confronti delle città che avevano aiutato i rivoltosi ionii, l'impresa di Serse si poneva, invece, intenti di espansione e conquista territoriale del continente greco, al fine di ridurlo a satrapia dell'Impero.

Di fronte al pericolo i rappresentanti delle poleis greche decisero di costituire un'alleanza difensiva, conosciuta come «lega panellenica», sotto il comando del re Leonida di Sparta. Ma nonostante i progetti di iniziativa comune, i Greci si presentarono sostanzialmente divisi di fronte all'invasione: gli Spartani premevano perché si affrontassero i Persiani sulla terraferma e lo si facesse all'imbocco del Peloponneso, presso l'istmo di Corinto, che nel frattempo veniva fortificato; gli Ateniesi ritenevano invece che fosse preferibile opporsi con la flotta. Prevalse il piano spartano, ma gli Ateniesi spinsero perché si cercasse di fermare il nemico più a nord. A causa di questi contrasti, e giudicando erroneamente che Serse fosse ancora lontano, solo un ristretto contingente si posizionò al passo delle Termopili, che era la strettoia obbligata verso la Grecia centrale, per sbarrare la strada ai nemici. Nell'agosto del 480 avvenne lo scontro tra i due eserciti. Dopo giorni di combattimento, mentre, poco distante, le forze navali nemiche si fronteggiavano senza che l'una riuscisse a prevalere nettamente sull'altra presso Capo Artemisio, il grosso dell'esercito greco si ritirò, tranne i trecento Spartani di Leonida e i settecento Tespiesi che, circondati dai nemici per il tradimento di Efialte, il quale aveva indicato ai Persiani un sentiero montano per aggirarli, si sacrificheranno per ritardare l'avanzata persiana e dare tempo agli alleati di ripiegare.


La battaglia delle Termopili
Superato il passo, i Persiani dilagarono in Grecia. L'Attica e la Beozia furono devastate, Atene venne saccheggiata e data alle fiamme. La flotta greca, però, era ancora pressoché integra, e a questo punto prevalse la strategia della battaglia per mare dell'ateniese Temistocle: a un mese dalla disfatta delle Termopili, in settembre, avvenne la decisiva battaglia navale presso l’isola di Salamina, vinta dai Greci, che indicò la via per avere ragione della flotta persiana, più numerosa, ma che usava navi troppo grandi e difficilmente maneggiabili in quel tratto così stretto di mare. L'anno dopo (478 a.C.) le città ionie dell'Asia Minore furono liberate da una flotta greca guidata dallo spartano Pausania.

Nel trentennio successivo continuarono gli scontri con i Persiani. Cimone, il nuovo stratega ateniese a capo della Lega di Delo, distrusse l'armata e la flotta persiane nel 467 a.C. presso il fiume Eurimedonte in Asia Minore. Alla fine nel 449 a.C. con il contributo di Pericle (di fatto capo di Atene) venne stipulata la pace di Callia: si trattava in definitiva di un trattato di non-aggressione, dove si stabilì l'autonomia delle città greche dell'Asia Minore, benché facenti parte dell'Impero Persiano, il controllo dei Persiani su Cipro e il divieto per le navi da guerra persiane di entrare nel Mar Egeo. Ma i sovrani persiani non rinunciarono mai alle loro mire sulla Grecia e si occuparono sempre di seminare zizzania fra le varie poleis finanziandone ora l'una ora l'altra, o addirittura le fazioni politiche all'interno di una stessa città.

E’ con queste premesse che, ben un secolo dopo, nella primavera del 334 Alessandro, dopo aver consolidato la sua posizione in Grecia , iniziò le ostilità contro i Persiani, sbarcando in Asia Minore con un esercito di circa 40.000 uomini, al comando di Parmenione. Ad Aristotele, che cercava di trattenerlo da questa impresa dicendo. «Aspetta di aver raggiunto la maggiore età: combatterai con maggior prudenza. », Alessandro aveva risposto: «È vero, ma nel frattempo perderei lo slancio della giovinezza. »


La falange macedone
Del suo esercito Alessandro fece uno strumento di formidabile efficienza: perfezionò innanzitutto la falange, rendendola irresistibile nell'urto e insuperabile nella difesa. Il fattore veramente nuovo nell'organizzazione militare di Alessandro fu tuttavia l'impiego della cavalleria, che divenne l'arma offensiva per eccellenza. La falange era destinata ad agganciare e a trattenere il grosso del nemico mentre la cavalleria pesante caricava a fondo non solo la cavalleria ma anche la fanteria avversaria. Lo schema di tutte le grandi battaglie di Alessandro presenta sostanzialmente le stesse caratteristiche: la massa delle fanterie posta al centro su due colonne, la cavalleria alle ali, con i reparti scelti a destra e comandati personalmente da lui. L'urto di questa cavalleria decideva le sorti della battaglia: Alessandro attaccava il nemico sempre su un fianco oppure avviluppava il centro avversario in una vigorosa manovra di doppio aggiramento, valorizzando al massimo il combattimento d'ala. Il genio militare di Alessandro non fu però mai prigioniero di una formula, ma si adattava senza posa alle contingenze. Uomo d'azione, prendeva e manteneva sempre l'iniziativa sul nemico partecipando personalmente alle battaglie più sanguinose. Tattico geniale, fu anche stratega accorto. Dopo la vittoria sfruttava il successo con l'inseguimento e la distruzione del nemico, con il controllo delle piazzeforti, la conquista dei magazzini e dei tesori avversari. Ebbe per regola costante di tenere unite le sue forze senza lasciarsi distrarre da scopi secondari a scapito dell'obiettivo principale; comprese la necessità di procurarsi in tempo notizie sul nemico e di garantire il suo esercito da sorprese e impiegò quindi largamente la cavalleria anche nel servizio di avanscoperta e di esplorazione lontana. Nel suo esercito non mancavano infine le macchine da guerra: torri su ruote, arieti, catapulte leggere per il lancio dei giavellotti e pesanti per quello delle pietre. Questo apparato tecnico era completato da reparti di zappatori e di pontieri, dagli addetti ai servizi dei trasporti, all'intendenza per il rifornimento dell'esercito con acquisti e requisizioni, al servizio sanitario, a una sezione topografica e al servizio dei dispacci che disponeva di corrieri e di stazioni di segnalazione ottica.

Nel maggio dello stesso anno, presso il fiume Granico, vicino al sito della leggendaria Troia, si svolse il primo scontro vittorioso contro i Persiani. L'Asia Minore era ormai aperta alla conquista macedone. Mentre il grosso dell'esercito svernava in Lidia al comando di Parmenione, Alessandro passò in Licia, in Panfilia, in Pisidia e in Frigia; L'intento di Alessandro era quello di conquistare tutte le città costiere impedendo l'attracco alle navi nemiche; nel frattempo si ebbe la notizia della morte di un figlio di Dario, ucciso per ordine dello stesso padre in quanto era in procinto di tradirlo. Alessandro nel giugno del 333 a.C. entrò nella Cilicia arrivando dopo molte miglia a Tarso.

A novembre, infine, il re persiano, temendo che l'inverno lo costringesse a ritirarsi nei quartieri invernali senza aver fermato Alessandro, gli venne incontro. Entrambi non sapevano esattamente dove si trovasse l'altro. Arrivato ad Isso, Dario trovò solo gli uomini abbandonati dal re avversario, in quanto non erano più utili all'imminente battaglia perché feriti o malati; il suo nemico si trovava a sole quindici miglia circa più a sud. Lo scontro iniziò alle cinque e mezzo del primo novembre. La battaglia si concluse con una completa disfatta dei Persiani: vennero catturati, oltre ad un immenso bottino, anche alcuni familiari di Dario tra cui sua madre. Il Grande Re perse le sue migliori truppe, quasi tutti i più validi ufficiali del suo esercito e soprattutto il proprio prestigio di condottiero, distrutto dalla sua precipitosa fuga davanti al nemico.

Alessandro rifiutò le proposte di pace di Dario preferendo la via della conquista all'accontentarsi dei numerosi territori fino a quel momento assoggettati. Invece di proseguire immediatamente verso l'Asia preferì entrare in Egitto al fine di coprire le spalle al suo esercito prima della spedizione successiva. Si dedicò quindi alle città costiere - Biblo e Sidone e Tiro, che cedettero rapidamente - per eliminare le ultime basi della flotta persiana.

Ma Dario insisteva con le sue proposte di pace: questa volta alla proposta erano allegati molti doni fra cui 10.000 talenti, la mano di sua figlia e il possesso di un vasto territorio sino all'Eufrate. Vi fu qui una celebre conversazione fra Alessandro e il suo generale Parmenione: «Se io fossi Alessandro, accetterei la tregua e concluderei la guerra senza più correre altri rischi». «Lo farei se fossi Parmenione; ma io sono Alessandro e come il cielo non contiene due soli, l'Asia non conterrà due re». Infatti, saputo del secondo rifiuto, Dario si dedicherà a radunare un esercito ancora più vasto del precedente.

Gerusalemme aprì le porte e si arrese. Nel novembre del 332 Alessandro iniziò il viaggio verso l'Egitto; superato dopo tre giorni il deserto, giunse in quelle terre venendo accolto come un liberatore e facendosi consacrare faraone: qui, infatti, il giogo persiano era maggiormente avvertito e poco accettato, poiché solo dodici anni prima il popolo era libero dal potere dei Persiani.

All'inizio del 331 a.C., sulle rive del Nilo, Alessandro decise di edificare una grande città che testimoniasse la sua grandezza; si racconta però che dopo un sogno, nel quale gli furono recitati alcuni versi dell'Odissea sull'isola di Faro, decise di costruirla nella regione del Delta del Nilo su una stretta lingua di terra tra la palude Mareotide ed il mare. Egli stesso disegnò la disposizione di piazze e mura da costruire. La città venne chiamata Alessandria d’Egitto.


Alessandria d'Egitto
Dopo un anno di sosta nel regno egiziano ritornò in Asia. Nella primavera del 331 Alessandro riprese la marcia verso oriente dove Dario aveva radunato un esercito nelle pianure dell'Assiria, luogo dove il sovrano persiano riteneva di sfruttare al meglio la propria superiorità numerica.

Dopo vari tentativi di Dario di confondere le truppe di Alessandro con finti attacchi e depistaggi, lo scontro avvenne presso il villaggio di Gaugamela nei pressi delle rovine di Ninive . La battaglia fu di vitale importanza per Alessandro. Si racconta che egli avesse solo 30.000 fanti e 3.000 cavalieri contro un milione di Persiani. Dello scontro nessuno storico poté dare un resoconto certo per via dell'enorme confusione creatasi: durante lo scontro la visibilità era ridotta di molto in quanto si poteva vedere ad una distanza di 4-5 metri ma non di più. Ci fu un attacco diretto da parte di Alessandro nei confronti del re nemico: il macedone colpì il cocchiere di Dario con una lancia uccidendolo. Il sovrano persiano, perso il carro, fuggì su di una giovane cavalla. Senza il comando reale le truppe rimanenti furono facile preda dei Macedoni, in quanto i Persiani pensavano che fosse il re ad essere stato trafitto dalla lancia:e quando si fece buio la battaglia terminò con la disfatta dei persiani. Alla fine di ottobre Alessandro entrò in Babilonia dove ottenne la sottomissione del satrapo Mazeo. Qui riposò circa cinque settimane ed ebbe tempo per osservare i giardini pensili costruiti da Nabucodonosor.


I giardini pensili di Babilonia
Si diresse quindi a Susa, raggiungendola in venti giorni, per impadronirsi dei tesori che vi si conservavano. A Susa il macedone si volle sedere sul trono del re persiano, evento tanto atteso dai sudditi a tal punto che Demarto non riuscì a trattenere le lacrime pensando ai morti lungo il percorso che persero tale spettacolo. Nel mese di gennaio dell'anno 330 Alessandro entrò infine a Persepoli, capitale dell'Impero Persiano, dove trovò circa centoventimila talenti di metallo prezioso non coniato.

Dario aveva intanto trovato rifugio ad Ecbàtana, dove fu raggiunto dai suoi uomini di fiducia (Besso, Barsaente, Satibarzane, Nabarzane, Artabazo).Nel maggio del 330 Alessandro marciò verso Ecbàtana, che si trovava a 450 miglia di distanza da Persepoli. Durante il tragitto ricevette alcuni rinforzi, arrivando ad un totale di 50.000 uomini. Ad Ecbàtana, Alessandro congedò i contingenti delle città greche, poiché il compito di vendicare l'invasione della Grecia da parte di Serse era ormai concluso.


Dario I di Persia
Dario, sapendo della velocità con cui il suo nemico si stava muovendo, cambiò i suoi piani, non dirigendosi più verso Balkh (in Afghanistan) come aveva in precedenza previsto, ma verso le Porte Caspie, anche se fra i suoi uomini iniziarono a manifestarsi i primi dissensi. Durante la marcia l'esercito macedone patì la sete e molti soldati morirono lungo la strada. Il re macedone venne a conoscenza dei movimenti di Dario quando si trovava a Rei, vicino a Tehran. Raggiunse quindi il passo ma ad attenderlo c'erano due messaggeri che lo informarono di una rivolta iniziata da Besso, Barsaente e Satibarzane –satrapi della Battriana - contro il loro re. Alessandro decise di raggiungere Besso, essendo a conoscenza del luogo dove Dario era tenuto prigioniero; scelse 500 opliti, che fece montare a cavallo al posto dei cavalieri, e galoppò di notte percorrendo ottanta chilometri, arrivando poi all'alba a Damgham, dove giunsero in 60. Besso nel frattempo si era ritirato nei suoi territori: spaventati dall’ improvviso arrivo di Alessandro, i due satrapi rimasti, Barsaente e Satibarzane , pugnalarono il prigioniero e fuggirono. Alessandro non fece in tempo a vedere in vita il suo rivale un'ultima volta. In ogni modo il conquistatore macedone, dopo aver coperto il cadavere con il suo mantello, lo riportò indietro e lo fece seppellire con tutti gli onori nelle tombe reali.

Con l’obiettivo di annientare le ultime resistenze persiane e di colpire gli assassini di Dario, Alessandro giunse prima in Battriana, vicino a Mashhad dove cadde Satibarzane; per onorare la vittoria venne fondata un'altra città, Alessandria degli Arii,[ la futura Herat] poi si diresse verso l'Aracosia, arrivando in Drangiana [l'attuale Afghanistan occidentale]. Barsaente, sapendo del suo arrivo, preferì fuggire presso una popolazione indiana del Punjab, che però lo tradì consegnandolo al conquistatore macedone che lo condannò a morte per l'omicidio di Dario. In queste regioni il re macedone fondò una serie di città con il nome di Alessandria, tra cui quella nota con il nome di Alessandria del Caucaso, e un'altra presso l'attuale Kandahar, in Afghanistan.

Rimaneva solo Besso, che nel frattempo si era autoproclamato imperatore di Persia, col nome di Artaserse V: dopo aver indugiato per alcuni mesi per l’inverno, Alessandro ripartì alla caccia di Besso e arrivò nei suoi territori [il massiccio dell'Hindu Kush, nell’odierno Uzbekistan ai confini tra Afghanistan e Pakistan]. Scendendo l'Hindu Kush, i soldati macedoni dovettero affrontare la fame; il cibo era scarso e non trovando foraggio per gli animali, molti di essi vennero uccisi per cibarsi delle loro carni. Attraversando Kunduz, Alessandro arrivò sino a Balkh [provincia settentrionale dell’Afghanistan al confine con l’Uzbekistan]. Ma infine Besso fu tradito a sua volta da un suo generale, Spitamene, [vatti a fidare dei satrapi!] che lo fece prigioniero: una corte di giustizia persiana lo dichiarò colpevole di alto tradimento, venendo infine giustiziato ad Ecbàtana. L'agire di Spitamene non fu inizialmente chiaro ad Alessandro che pensava volesse arrendersi, mentre voleva invece solo disfarsi di un alleato poco affidabile. Successivamente la tattica di Spitamene apparve chiara: attaccare la parte dell'impero rimasta scoperta dall'assenza di Alessandro: iniziò cosi una tattica di guerriglia che inflisse numerose perdite alle forze di Alessandro, ma alla fine anche Spitamene fu tradito ed ucciso dai suoi alleati. [come volevasi dimostrare …]

Alessandro, dopo aver assoggettato la regione della Sogdiana, giunse ai confini dell'odierno Turkestan cinese, dove fondò un'altra Alessandria, che chiamò Eschate [che significa «Ultima»], l'odierna Khujand, capitale della provincia più settentrionale del Tagikistan, ora chiamata Sughd [Sogdiana]. Soggiornò ancora a Samarcanda e nella Bactriana. Sposò Rossane, figlia di un comandante della regione, per rafforzare il suo potere in quei territori.

Sembrava tutto concluso: ma il proposito di Alessandro di unificare in un solo popolo Greci e Persiani e soprattutto la sua idea di dare un carattere divino alla monarchia, cominciarono ad alienargli le simpatie del suo seguito. Come continuatore dell'impero achemenide, Alessandro vagheggiava un impero universale e si proponeva forse di arrivare con le sue conquiste fino al limite orientale delle terre emer
Gran parte dell'India nord-occidentale era stata sottomessa dai persiani al tempo di Dario I, ma in questo periodo la regione era suddivisa in vari regni in lotta tra loro. Alessandro aveva forse intenzione di arrivare fino alla vallata del Gange, ma l'armata macedone giunta sul fiume Ifasi [oggi Beas], stanca dell'idea di proseguire una lunga campagna contro i potenti indiani (il regno Maghada stava attrezzando un potente esercito di centinaia di migliaia di soldati e migliaia di elefanti che spaventava i macedoni) fra giungle monsoniche, febbri malariche ed elefanti da guerra, si rifiutò di seguirlo oltre verso est.

Nel 324 Alessandro giunse nuovamente a Susa, dove venne a conoscenza della cattiva amministrazione messa in atto dai satrapi da lui un tempo graziati; fece procedere immediatamente ed energicamente contro i colpevoli, sostituendone molti con governatori macedoni.

Non soddisfatto dei suoi successi, durante i preparativi di invasione dell'Arabia e la costruzione di una flotta con cui intendeva attaccare i domini cartaginesi, venne colpito da una malattia che lo portò alla morte il 10 giugno del 323. Nel suo testamento commissionava la costruzione di magnifici templi in diverse città, la costruzione di un mausoleo intitolato a suo padre (che avrebbe dovuto rivaleggiare in imponenza con le piramidi egizie), la prosecuzione dell'unione fra Persiani e Greci, la conquista dei territori cartaginesi (Nord Africa, Sicilia e Spagna), l'espansione verso occidente e la costruzione di una strada in Africa lungo tutta la costa; i suoi successori ignorarono gran parte del testamento ritenendolo eccessivamente megalomane e inattuabile.

Sulle cause della sua morte sono state proposte varie teorie: l'avvelenamento da parte dei figli di Antipatro o da parte della moglie Rossane, una ricaduta della malaria che aveva contratto nel 336; infine, secondo congetture più recenti, per una cirrosi epatica provocata dall'abuso di vino.

Tutto vero? Le fonti storiche coeve di Alessandro Magno sono andate tutte perdute. Scrissero di lui, subito dopo le sue conquiste e la sua morte molti dei testimoni e dei protagonisti stessi degli eventi: lo storico di corte Callistene,il generale Tolomeo, l’architetto militare Aristobulo e l’ammiraglio delle flotte Nearco.

Gli storici successivi che trattarono le sue vicende «preferirono il meraviglioso al vero» come dice Strabone, cioè riportarono notizie frammentarie con molto uso di fantasia. Furono: Arriano - dopo più di 400 anni - storico di Nicomedia che scrisse Le campagne di Alessandro; Curzio Rufo, storico latino che scrisse Storia di Alessandro; Plutarco di Cheronea, storico greco che scrisse Vita di Alessandro e Virtù di Alessandro.

Molti racconti leggendari furono poi raccolti ad Alessandria d'Egitto, in anni ancora successivi, in un Romanzo di Alessandro, falsamente attribuito a Callistene . Questo libro ebbe gran diffusione nell'antichità e nel Medioevo, con numerose versioni e revisioni. Fu tradotto in latino, siriaco, arabo, persiano e in lingue slave.


Riferimenti bibliografici

http://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Magno
http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_II_di_Macedonia
http://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_persiane
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Citt%C3%A0_fondate_da_Alessandro_Magno_ver.29-01-07.jpg
http://it.wikipedia.org/wiki/Chujand



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