Il Monte Jiuhua ( 九华山
Jǐuhuá Shān
letteralmente “Il monte delle Nove Bellezze”)
è una delle quattro montagne sacre della tradizione buddhista cinese, assieme
al Monte Wutai (nello Shanxi), al Monte Emei (nel Sichuan) e al Monte Putuo
(nel Zhejiang).
Si trova nella contea di
Qungyang, della provincia Anhui, ed è famoso per le sue vista stupende e i
numerosi templi antichi. L'area paesaggistica del monte - che ha una superficie
di 120 chilometri quadrati ed è composta da 11 siti turistici - è
caratterizzata da una forte cultura buddista. Sin dalla dinastia Tang qui
vennero costruiti numerosi templi ed ancora oggi sul monte Jiuhua ne
sopravvivono ben 99, con più di 10 mila statue buddiste e abitati da circa
mille monaci. Tra le alte cime rocciose che sembrano rincorrersi tra loro, le
nove maggiori assumono la forma di fiori di loto [da qui probabilmente il nome
del monte] Le sorgenti limpide, gli stagni trasparenti e le impetuose cascate
danno vita ad una pittura paesaggistica tradizionale cinese. A rendere ancora
più suggestivo questo luogo sono gli scenari naturali da cui è avvolto: il mare
di nuvole, il sorgere del sole e i pini tra la nebbia. A Jiuhua le quattro
stagioni sono ben distinte tra loro, ognuna con proprie caratteristiche. In
primavera, le cime si rivestono di fiori e gli uccelli cantano armoniosamente;
d'estate gli alberi sono verdeggianti e il vento dalle valli porta una brezza
leggera; in autunno il monte si tinge di rosso e di giallo; d'inverno invece il
monte viene stretto in una morsa di neve e ghiaccio.
Il monte Jiuhua ha anche una
profonda connotazione culturale. Famosi letterati e poeti, come Tao Yuanming,
Li Bai, Su Dongpo e Wang Anshi, visitarono il monte ove composero poesie e
scritti eccellenti. Ed è infatti a Li Bai (vissuto nel periodo Tang) che la
leggenda fa risalire l’origine del nome di questo monte: il
suo nome
originario Jiuzi (Nove Picchi). Ma la leggenda racconta che, dopo un pellegrinaggio in queste montagne Li Bai scrisse
i seguenti versi:
L’altro giorno,
veleggiando lungo il fiume Jiujiang,
ho visto da lontano le
Nove Bellezze. (jiu hua)
Sembrava un fiume
celeste che scendeva dal Paradiso
e sue verdi acque
creavano ricami tra gli ibischi e le rose.
Da lì il nuovo nome.
Ma la fama del monte Jiuhua è
legata al culto del Bodhisattva Ksitigarbha
(noto in Cina come Dìzàng) protettore degli
esseri nei reami infernali secondo la tradizione buddhista Mahayana. Il tempio Huacheng, dedicato al
culto di Dìzàng,
è il più antico ed anche il più importante tempio dell’ insediamento. Si narra
che nell’anno 401, durante la dinastia Jing, un monaco indiano di nome Huaidu,
costruì in quella località un piccolo tempio buddhista. Secondo
la tradizione, il principe coreano Kim Qiaoque [ma si chiamano tutti Kim
Qualcosa in Corea?], dopo avere conosciuto il buddhismo in una sua visita in
Cina alla corte dei Tang, ne fu talmente colpito che, tornato in patria decise
di farsi monaco. Tornò poi in Cina e passò cinque anni sul Monte Jiuhua presso
questo tempio, per approfondire lo studio delle scritture e meditare. Visse
fino a 99 anni e pare che il suo corpo non subisse la corruzione della morte:
questo fatto straordinario, unito ad una notevole somiglianza fisica al
bodhisattva Ksitigarbha,
portò i monaci suoi compagni a ritenere che Kim fosse un reincarnazione del
bodhisattva e così il Monte Jiuhua divenne centro di culto per Dìzàng. Durante
le dinastie Ming e Qing sul Monte Jiuhua si contavano 360 templi, e monasteri
popolati da più di 4000 monaci e monache.
Ma chi era questo
Bodhisattva indiano?
La sua storia si trova nel Sutra dei Grandi Voti del
bodhisattva Ksitigarbha, uno dei più popolari sutra della tradizione Mahayana. In
questo sutra, Buddha racconta che molti eoni fa, Ksitigarbha era una fanciulla
brahmina [casta sacerdotale indiana] profondamente addolorata per la morte
della madre che, avendo spesso peccato durante la sua vita, era finita
all’inferno. Per salvare la madre dai tormenti infernali, la ragazza vendette
tutto quello che aveva per comprare offerte per il Buddha del suo tempo, noto
come “il Buddha del Fiore della Meditazione e della Illuminazione” e lo pregò
ferventemente di aiutarla.Un giorno, mentre stava pregando nel tempio, sentì
la voce del Buddha che le disse, se voleva sapere dove fosse la madre, di
tornare a casa, sedersi in meditazione e invocare il suo nome. Lei fece quanto
richiesto e durante la meditazione, la sua coscienza fu trasportata in un regno
infernale, dove incontrò un guardiano che le rivelò che, grazie alle sue
preghiere ed alle offerte, sua madre aveva accumulato molti meriti ed era
quindi salita al paradiso. La ragazza consacrata fu molto sollevata da questa
notizia e sarebbe tornata a casa molto felice ma la vista di tanta sofferenza
nel mondo infernale aveva talmente toccato il suo cuore che fece voto di
dedicare se stessa al sollievo delle sofferenze dei dannati, non solo per tutta
la sua vita, ma anche per tutte le sue vite future.
Sitografia
http://en.wikipedia.org/wiki/Mount_Jiuhua
Ahia! La logica da compravendita delle indulgenze era dunque popolare anche in oriente? Immagino che la religiosità popolare sia uguale ovunque (pure nei problemi
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