La festività del Natale è entrata ormai a pieno titolo nel novero delle numerose ricorrenze cinesi: colpa della globalizzazione? In realtà, se le cose stanno così, è colpa di Confucio, con la complicità del Partito Comunista … con buona pace del Grande Timoniere … ma vediamo perché.
Il «quindicesimo giorno dell’ottava luna» corrisponde al “Festival di Metà Autunno” e si festeggia in famiglia con i parenti: si tratta una festa molto sentita, simile al nostro Natale dove le famiglie si riuniscono e portano in dono Moon Cake (Tortini della Luna) , dei tortini salati a forma circolare, fatti di zucchero, noci, sesamo, uova, prosciutto, semi di loto, petali di fiori ed ingredienti a scelta che rappresentano la luna, e la loro forma circolare equivale al simbolo della riunificazione.
Il giorno del Capodanno lunare, o Festa della Primavera, si tiene un banchetto familiare in onore degli antenati e dei membri della famiglia che vengono da lontano. È la festa più importante e più celebrata: in memoria degli antenati vengono posti sull'altare di famiglia o sulla tavola cinque o sette bacchette per mangiare, vino, tè e tazze di riso cotto. Poi viene servito un banchetto di sedici o ventiquattro portate, accompagnato da canti di prosperità e di benedizione per il nuovo anno. Vengono indossati abiti nuovi e i fuochi artificiali segnalano l'inizio del nuovo anno.
Il «quindicesimo giorno del primo mese» è la Festa delle Luci che viene celebrata con una processione di lanterne e con una danza di draghi. Il «terzo giorno del terzo mese» è la Festa della Purificazione ed è legata a una pulizia espiatoria delle tombe, con offerte di cibo sulle tombe e successivamente con un pranzo all'aperto sulle colline. Il «quinto giorno del quinto mese» segna l'inizio dell'estate, celebrato con il consumo di focacce di riso, con gare di barche fluviali a forma di drago e con rituali di preservazione dalle malattie per i bambini e di propiziazione della pioggia.
Nel periodo invernale vengono celebrate feste relative alla nascita di eroi e di santi della religione popolare, come i santi protettori locali del suolo che vengono celebrate nel primo e nel quindicesimo giorno di ogni mese. Ogni calendario riflette la storia, le tradizioni, la religione di un popolo: sul filo dei giorni si snodano infatti miti e leggende, riti e usanze, spesso frutto di memorie antiche.
Ma da dove nasce questa passione dei cinesi per i riti e le tradizioni? Ecco che rispunta l’immancabile Confucio, riferimento essenziale di una civiltà millenaria.
Le «Memorie sui Riti» (Li Ji), uno dei cinque classici confuciani, è un’ampia raccolta di prescrizioni rituali e di trattati che spiegano il valore ed i significati dei riti, riti che riguardano praticamente tutti gli aspetti della vita cinese, sia spirituale che materiale, dalla religione alla politica, il diritto, la cultura, le questioni morali, e non ultimi la regole di cortesia e le buone maniere. Il concetto sotteso dal termine cinese “li” infatti, comprende sia il rito inteso come il complesso di cerimonie di culto di una religione, ma anche le norme di giusto comportamento morale e sociale.
Confucio per vivere esercitava la funzione di “esperto” in questi “riti”, che la classe nobiliare stava sempre più trascurando. Il Maestro era convinto che nella Cina arcaica si fosse realizzata una perfetta armonia tra Cielo e Terra: per questo gli pareva che le norme della vita nobiliare fossero le regole più idonee per ristabilire l’ordine religioso e quello sociale, in un periodo così travagliato e decadente come quello in cui viveva. Ma la grande novità del suo insegnamento fu quella di proporre il “li” non solo alla nobiltà ma anche a qualunque persona intendesse perfezionarsi ed elevarsi fino a diventare uno “junzi” un “uomo di valore”.
Pur avendo posto particolare attenzione solo alla morale e al comportamento sociale, il confucianesimo si arricchì rapidamente di risvolti religiosi. Per un breve periodo lo stesso Confucio fu considerato una divinità, e nei templi in cui era eretta la sua statua, fu onorato con sacrifici, ma le cerimonie a lui tributate ben presto acquistarono carattere più laico che religioso. Anche sotto l'aspetto religioso il Confucianesimo si oppose a ogni forma di culto popolare in cui si credesse agli spiriti, agli esorcismi, a forme di divinazione, presentandosi come un vero e proprio culto civile di tipo comunitario, caratterizzato da riti e da preghiere, da feste e da fiere che si svolgevano periodicamente.
Dal 1912 in Cina non esiste più la figura dell’imperatore, elemento chiave del confucianesimo: dal 1949 inoltre, con la proclamazione delle Repubblica popolare, la dottrina del Grande maestro è stata spesso duramente contestata ed attaccata, salvo poi subire negli anni recenti una totale rivisitazione in senso positivo.
Nonostante questi alti e bassi, la cultura confuciana è talmente radicata nel popolo cinese che il “li” è da secoli un patrimonio comune a tutta la società: la “correttezza” (zheng) ossia il rispetto del “li” risulta essere una delle virtù più radicate nella coscienza collettiva.
Ma c’è un altro aspetto, nella società cinese che sostiene il perpetuarsi del binomio tra la tradizione popolare e le festività nazionali ed è il migliorato benessere economico del paese. Infatti le festività tradizionali sono un ottimo incentivo per una maggiore crescita verso i consumi interni, un po’ come succedeva nei paesi occidentali nel dopo guerra e nel periodo del boom economico.
E la festa di Natale?
All'inizio del XX secolo alcuni missionari e studenti venuti da fuori hanno introdotto il Natale nel paese. Una ristretta minoranza di cinesi l'hanno fatto proprio e deciso di festeggiarlo. Questi gruppi si trovavano perlopiù nelle città sulla costa e in altre città grandi o minori. La vigilia di Natale cenavano con amici o in famiglia, cantavano canzoni di Natale, ballavano, e i credenti andavano in chiesa per la messa notturna. Ognuno faceva un po' come preferiva. Le attività e le decorazioni delle case erano sostanzialmente di stile straniero. La rivoluzione culturale ha posto fine a tutto ciò.
Solo dopo la politica di riforma e apertura, il Natale è tornato a far parte delle tradizioni della società cinese. Da circa il 1980 fino ai giorni nostri, il numero di persone che festeggia il Natale e l'anno nuovo è andato crescendo. Ma il Natale non rappresenta più unicamente la festa tradizionale degli stranieri. In Cina son sempre più le persone che gli danno importanza. Ad esempio i commercianti fanno dei saldi, le vetrine attirano più sguardi, ci sono delle pubblicità dappertutto e tutti i luoghi di divertimento propongono un programma natalizio. In questo modo tutti guadagnano un po' di più tra Natale e l'Anno Nuovo.
Naturalmente si decorano gli alberi per strada. Alcune famiglie appendono delle decorazioni natalizie sulla porta d'entrata o alle finestre, ma con l'aggiunta di motivi cinesi. Si mangia un pasto cinese, che non varia molto da quello abituale, ma magari con un'insalata in più.
Stanno cambiando anche le abitudini di molte famiglie cinesi che stanno abbracciando il pensiero “occidentale” basato anche sul consumismo. Proprio sulla base di questa considerazione, dobbiamo dire che il Natale sta diventando sempre più una festa anche per i cinesi, da “copiare”, almeno per quanto riguarda il lato legato al consumismo e al profitto. L’atmosfera natalizia infatti si può sentire e vedere anche in Cina, dagli addobbi che sono presenti nei supermercati, ristoranti, alberghi, ma anche palazzi pubblici, addirittura, in alcune vie, superano gli addobbi occidentali, soprattutto sono caratterizzati da quella fantasia che rende unici i cinesi.
La gente non si fa gli auguri per strada, non ci sono le file ai negozi di giocattoli per bambini, il 25 dicembre è un giorno di lavoro come gli altri; eppure sono tanti ed enormi gli abeti addobbati con luci colorate e palline luccicanti: già oggi la Cina produce circa l'80 per cento mondiale di tutti gli addobbi, i balocchi e tutte le diavolerie natalizie.
Mao quindi cede il posto Babbo Natale. E' un ordine del partito: "compagni festeggiate!". Il messaggio parte dal cuore del potere comunista: dall'alto, si vuole che i cittadini confuciani si diano allo shopping sfrenato per celebrare la festa occidentale per antonomasia.
A meno di una settimana dalla Vigilia, le principali città cinesi sono adornate di simboli natalizi. La maggior parte delle persone non sa che si celebra la nascita di Cristo, ma considera il Natale l'equivalente straniero del Capodanno Cinese. Il valore del paragone, considerata l'importanza dell'amato Chunjie (Capodanno Cinese), spinge gli ospitali asiatici a voler rendere al meglio l'atmosfera della nostra festa. Così ne hanno già adottato tutti i simboli: l'albero di Natale, Babbo Natale, le renne, la neve, le luci scintillanti, i canti, i regali, fino ai torroncini e ai panettoni importati dall'Italia.
Il 2009, nelle metropoli dell'Impero di Mezzo, sarà ricordato come l'anno record di spese nel mese di dicembre. In Cina, Natale e Capodanno, d'ora in poi, si chiameranno ufficialmente "Festival del regalo".
Doppie feste, doppi regali, doppi consumi.
Fino a ieri, il Natale capitalista si erano limitati a produrlo da operai e ad esportarlo: addobbi, giocattoli, elettronica, vestiti, a prezzi da fiera. La cosa strana è che la maggior parte degli alberi di plastica del mondo, e le decorazioni natalizie sono fatti proprio in Cina, ma la gente che li fa non sa perché. Ma ora tutto è cambiato. Per la prima volta, lo scorso anno, le spese natalizie interne, in Cina, sono state superiori all'export. Una febbre nazionale.
Dietro il mausoleo di Mao, nelle nuove vie del lusso, davanti ai centri commerciali dei quartieri del business, si aggirano migliaia di confuciani Babbi Natale: distribuiscono doni a bambini stupefatti e vecchi spaventati. Megafoni diffondono "Happy Christmas" anche nel Tempio dei Lama. Le municipalità di Pechino, Shanghai e Shenzen hanno steso 170 chilometri di luminarie. Non ci sono, è chiaro, presepi: ma per il resto, in Cina ormai è più Natale che a Berlino, Roma, o New York.
I giornali, invasi dalla pubblicità di orologi, gioielli e alta moda, osano chiedere discretamente: "Compagni, ma cosa festeggiamo in dicembre?". La maggior parte delle persone delle campagne cinesi non celebrano il Natale e forse non hanno mai neanche sentito parlare del Natale! Un sondaggio ha stabilito che lo sa il 4% della popolazione. Di questo, il 96% ha meno di 24 anni e il 100% naviga in Internet.
Concludendo, quest'anno si può affermare con certezza che la festa del "povero bambin Gesù" sia diventata per i cinesi un nuovo status symbol del benessere. Ma non ci dobbiamo scandalizzare, perché i cinesi tradizionalmente "imitano" ciò che vedono.
E la domanda cattiva, a questo punto, è: Che idea abbiamo dato loro del Natale?
Aguguri a tutti! Buon Natale e Felice anno Nuovo!
RispondiEliminaA domanda cattiva risposta indulgente: è da mo' che ci hanno rubato il senso del Natale. Tuttavia forse qualche curioso (cinese) se la domanderà e prima o poi otterrà anche la risposta: la festa di Natale è il compleanno del figlio di Dio degli occidentali. Nè più nè meno.
RispondiEliminaMi auguro che se lo chieda anche qualche curioso (occidentale) mentre, in coda al supermercato assieme ad altre tremila persone, sta comprando da mangiare per le feste una quantità di cibo sufficiente per nutrire sè e la propria famiglia fino a Pasqua....
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