«Nell’ottobre 1986, Giulio Andreotti era a Pechino in qualità di ministro degli Esteri, e fu condotto a visitare la scuola centrale del partito comunista. Con sua sorpresa scoprì che nel parco della scuola c’era un tempietto con la tomba di Matteo Ricci: il diplomatico che lo accompagnava commentò:”siamo dinnanzi alla tomba dell’unico straniero che ci ha aiutato a comprendere la nostra nazione”.»
G.Andreotti “Un gesuita in Cina” - Ed. Rizzoli, 2001
Abbiamo parlato del Natale in Cina...ma chi ha introdotto il cristianesimo in quel lontano paese?
Naturalmente un italiano!
Matteo Ricci, pioniere delle missioni cattoliche in Cina, nasce a Macerata il 6 ottobre 1552. A vent’anni si trasferisce a Roma ed entra nel noviziato dei gesuiti: segue i corsi di retorica e filosofia, quelli di matematica, astronomia, cosmografia e altre scienze esatte. Avviato alla formazione missionaria, nel 1582 raggiunge a Macao il confratello Michele Ruggieri con il mandato di iniziare l’evangelizzazione dei cinesi.
L’anno successivo Ricci e Ruggieri, ottengono il permesso di risiedere a Zhaoqing, allora residenza del governatore locale. Entrano in cordiale relazione con i letterati del luogo, interessandoli anche con oggetti europei quali un mappamondo, orologi, ecc. Ottengono il permesso di edificare nella città una casa, e una chiesa. Nel 1584 stampano un breve catechismo in cinese, - il primo libro stampato da stranieri in Cina - in una tiratura di 1.200 copie.
Ricci dapprima, in quanto religioso, indossa l'abito dei bonzi. Ma i monaci buddisti in Cina non godevano di molta considerazione, sia presso il popolo che presso i mandarini. Decide allora di adottare le vesti e l'etichetta sociale dei letterati. Si presenta come "teologo, predicatore e letterato occidentale” e cerca di modellare la sua vita su quella dei letterati e dotti cinesi. E con la foggia del vestito armonizza, naturalmente, tutta la sua maniera del vivere esteriore; si fa chiamare Li Madu, si lascia crescere la barba e i capelli, ciò che non facevano i bonzi; nello spostarsi da un posto all'altro della città si serve della portantina, accompagnato da due o tre servitori. In poche parole, diventa un cinese!
Nel volumetto dal titolo Trattato sull'amicizia, Ricci riporta in cinese detti dei filosofi e santi occidentali sull'amicizia. L’opera viene stampata in diverse province "con molto applauso di tutti i letterati". Lo scopo di Ricci è di dimostrare ai cinesi che gli occidentali non erano "barbari", e che lui, conoscendo bene la letteratura della sua patria, aveva diritto al titolo di "letterato". I letterati pieni di ammirazione lo chiamano "uomo geniale", dandogli così il titolo più ambito usato allora in Cina.
Anni di esperienza avevano rafforzato in Ricci la convinzione che la diffusione dell'idea cristiana in Cina aveva bisogno dell'approvazione ufficiale per i predicatori e libertà per i cinesi di professarla pubblicamente. Ma ciò non si poteva ottenere fino a quando non fosse arrivato vicino alla corte di Pechino. Diversi furono i tentativi di Ricci di raggiungere la capitale, dove riuscì a stabilirsi solo nel 1601. Nel frattempo trova una sistemazione a Nanchino, dove è ben accolto da personalità governative e uomini di cultura. Inizia a dare regolari lezioni di scienze occidentali e compone un dizionario portoghese-cinese (primo lavoro sinologico del genere). Dal 1595 comincia a comporre libri di scienze e di religione: le sue opere, accolte con singolare favore e ammirazione, trattano di cartografia, matematica, filosofia morale, teologia e apologetica. Tra i lavori scientifici emerge il grande Mappamondo cinese (misure: m 3,75 x 1,80).
Con tatto e prudenza corregge le credenze astronomiche dei cinesi e le loro cognizioni geografiche. Mentre professa una schietta ammirazione per la Cina, fa intravedere ai cinesi che c'era qualche cosa che essi non conoscevano e che egli poteva insegnar loro.
A Pechino, grazie alle sue conoscenze, riesce ottenere il favore dell’imperatore il quale permette a Ricci e ai suoi di aprire una chiesa, anzi dispone che siano sostentati a spese dell'erario. L'imperatore è talmente entusiasta del suo Mappamondo che nel 1608 ne fa fare una nuova ristampa e ne chiede 12 copie per sé. Ricci vi aveva raffigurato i continenti fino allora scoperti: così veniva portata a conoscenza dei cinesi l'esistenza di molti paesi lontani. Vicino ai nomi delle principali località Ricci aveva annotato notizie storiche; per esempio, vicino al nome "Giudea" si legge: "Il Signore del Cielo s'è incarnato in questo Paese, perciò si chiama Terra Santa". Vicino al nome "Italia": "Qui il Re della Civiltà (cioè il Papa), nel celibato, si occupa unicamente di religione. Egli è venerato da tutti i sudditi degli Stati d'Europa, che formano il Romano Impero".
I cattolici cinesi in Cina erano solo 3 nel 1584; alla morte di Ricci (avvenuta a Pechino l'11 maggio 1610) la cristianità contava circa 2.500 convertiti: tra di essi molti della nobiltà e della classe dirigente. Ma nonostante tanto progresso, Ricci venne accusato dai suoi stessi confratelli di aver portato in Cina un cristianesimo non genuino e di aver creato un misto di religione "cristiano-cinese", un "sincretismo delle verità cristiane con le buone sentenze morali di Confucio". Solo recentemente le fonti autentiche hanno mostrato quanto tali accuse fossero prive d'ogni fondamento. I principi sui quali Ricci impostò la sua opera straordinaria furono molto semplici: massima simpatia e rispetto dei valori spirituali e intellettuali dei cinesi; la conoscenza la più perfetta della loro lingua; uso della scienza per un fine apologetico. Egli amò i cinesi, amò la loro storia, ammirò sinceramente la loro civiltà, ed ancor oggi è venerato dai cinesi.
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