Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

lunedì 18 febbraio 2013

Il Monte Tai, l'Olimpo cinese



Il monte Tai (泰山  tài shān  Monte della Serenità) con i suoi 1545m alla vetta, è il più venerato  dei cosiddetti «monti sacri» cinesi:  situato nella provincia dello Shangdong, nei pressi della città di Tai'an, è stato dichiarato, per la sua importanza, patrimonio dell’umanità nel 1987.

La tradizione del monte Tai  si perde nei secoli, o per meglio dire, nei millenni: secondo la leggenda, Shun, uno dei primi sovrani mitici della Cina, avrebbe offerto sacrifici al Cielo ed alla Terra proprio su questo monte, almeno duemila anni prima di Cristo.

Ma la storia documentata del monte Tai inizia nel 221 a.C., quando Zheng, un giovane signore del regno di Qin, impostosi sugli altri sovrani dei regni confinanti, divenne imperatore e assunse il titolo di  «Primo Imperatore dei Qin» (秦始皇帝 qín shǐ huáng dì). Durante il suo dominio il Paese venne unificato, si cominciò la costruzione della Grande Muraglia ed ebbe inizio una delle epoche di maggiore splendore nella storia della Cina.



L'imperatore scelse, per la celebrazione dei riti annuali, la cima del monte Tai, riallacciandosi alla tradizione del  «Culto del Cielo e della Terra»: ben presto la fama della montagna si diffuse ovunque. Se, come credeva il popolo, l'imperatore era «figlio del Cielo»  (天子tiān zi) e veniva dalla lontana Pechino per onorare suo padre, voleva dire che Tai Shan era la dimora divina: per questo tutti i cinesi cominciarono a considerarla non solo una semplice montagna ma l'incarnazione sacra della «dea delle nuvole di smeraldo». Nel 725, sotto la dinastia Tang (618-907) l'imperatore Xuan Zong   conferisce  al monte Tai il titolo di «Re del Tempo» [atmosferico] (天气王 tiān qì wáng). Sul monte infatti troviamo una grande roccia appuntita che si protende sulla valle, denominata «Spada che taglia le nuvole» (斩云剑 zhǎn yún jiàn) che costituisce un segnale meteorologico: se le nubi sono così basse da essere tagliate dalla spada allora piove, se invece sono alte il tempo rimane bello. Nel 1008, durante la dinastia Song del Nord (960-1127), l'imperatore Zhen Zong aggiunge altri titoli al precedente e Taishan diventa così, «Re del Tempo e della Vita» (人生天气王 rén shēng tiān qì wáng). Nel 1011, altra promozione. Si sostituisce il titolo di re (wang) con quello di imperatore (di). Il Picco dell'Est diventa così «Imperatore del Tempo e della Vita»  (人生天气帝 rén shēng tiān qì dì). Ma nel 1370 l'imperatore Taizu, fondatore della dinastia Ming (1368-1399), pose fine a questa inflazione di titoli lasciando solo il nome di «Picco dell'Est, Monte della Serenità». (东岳泰山 dōng yuè tài shān).

Da secoli tutte le religioni della Cina hanno onorato Tai Shan, in particolare taoismo e buddhismo. A dimostrazione di tale rispetto, sono state costruite lungo le sue pendici decine e decine di complessi artistici religiosi. Ad oggi si contano 22 templi, 97 rovine monumentali, centinaia di statue e altri elementi decorativi: elencare gli stili è praticamente impossibile anche perché la loro origine risale ad epoche diverse.

La montagna è in ogni periodo dell'anno meta di pellegrinaggi da parte di devoti o turisti. Il cammino verso la cima del Tai Shan inizia a Tai’an, la cittadina che si trova ai piedi del monte e si conclude verso sera dopo 5-8 ore di cammino nella foresta.


Ma prima di salire, è mandatorio visitare  il Tempio Dai, (岱庙dài miào)  uno dei templi più importanti del taoismo. Il complesso del Dai Miao si estende su una superficie di 96.000 metri quadrati ed è, insieme alla Città Proibita di Pechino e agli edifici confuciani di Qufu, uno dei più grandi complessi architettonici della Cina antica. È questo il luogo dove da sempre i pellegrini diretti a Tai Shan si soffermano a pregare e dove venivano fatti i sacrifici rituali in onore alle divinità del monte. Ma tentiamo anche noi la salita, anche se in modo … virtuale!


Dall'Arco Daizong  (岱宗坊 dài zōng fáng), costruito sotto la dinastia Ming nel 1567, inizia la salita verso la cima del monte, attraverso un'interminabile scalinata di ben 6239 gradini (!), che si snoda come un enorme drago lungo una stretta valle, fiancheggiata da padiglioni, stele, boschetti di pini e cipressi, cascate e cascatelle. La attrattività del Tai Shan, infatti, non è soltanto nei suoi monumenti, ma anche nelle bellezze naturali che lo circondano. Sui fianchi della montagna, tra enormi spuntoni di roccia, cresce una fitta vegetazione che sale fino a lambire il santuario dell'Imperatore di Giada. Sono state catalogate più di mille specie vegetali, di cui quasi 500 con proprietà medicinali, e oltre 300 specie animali, delle quali 122 di uccelli che nidificano sugli alberi e tra le rocce.

Nel corso della salita s'incontrano fastosi edifici, come il Padiglione del Venerabile Lao (老君堂  lǎo jūn táng): dedicata al maestro Laozi, fondatore del Taoismo ed autore del classico Daodejing.


In un  piccolo monastero, costruito nel 1053, che un tempo ospitava monache scelte per la loro bellezza e famoso per una sorgente d'acqua limpidissima, troviamo Il Laghetto della Regina Madre (王母池wáng mǔ chí), un tempio dedicato al culto della Regina Madre dell’Occidente (西王母xī wáng mǔ). Questa divinità, vive sui monti Kunlun, agli estremi confini occidentali della Cina. In un giardino nascosto tra alte nuvole, al margine tra cielo e terra, le sue pesche dell'immortalità crescono in un albero colossale, che dà frutti una volta ogni 3000 anni. L'albero è l'asse cosmico che connette il Cielo e la Terra, una scala su cui viaggiano spiriti e sciamani. Xi Wang Mu controlla le forze cosmiche, il tempo e lo spazio  Con i suoi poteri di creazione e distruzione, malattie e guarigione, determina l'arco di vita di tutte le creature viventi. Assistita da una moltitudine di spiriti ed esseri trascendentali, è lei che decide la morte e la realtà dopo la morte, conferendo realizzazione e immortalità ai ricercatori spirituali.


A circa metà della salita ecco il Palazzo dei 10.000 Immortali (万仙楼wàn xiān lóu) costruito nel 1620; ospita la statua della "Celeste Regina Madre" attorniata dagli Immortali. Sulle quattro pareti sono state poste 63 tavole di pietra con brani di storia e di Ietteratura, incise con caratteri di stile antico.



Dopo aver passato una roccia con due grandi caratteri (vento e luna), scritti in modo incompleto per indicare che qui la bellezza della natura non ha limiti, si arriva al Tempio dell’Orsa Maggiore    (头母宫tóu mǔ gōng) dove una volta viveva una comunità di monache buddhiste che curavano proprio il culto della dea stellare, attorniata da un corteo di quaranta divinità stellari. Il palazzo di Tóu Mǔ (letteralmente la Madre dello Staio, o la Dea della Stella Polare) è la costellazione dell'Orsa Maggiore [che nell’astrologia cinese veniva denominata appunto “Staio”], che ruota perennemente attorno alla stella polare. La dea possiede un terzo occhio posto in mezzo alla fronte, sei braccia, ed è identificabile con Calì, la dea indiana.

Proseguendo, incontriamo  la Valle  del Sutra nella Roccia (石经域shí jīng yù ). Nel settimo secolo, un monaco di nome Andaoyi venne a Tai Shan per diffondere il buddismo, copiando su carta di riso in grandi caratteri il «Sutra di Diamante» (金刚经jīn gāng jīng), uno dei classici più importanti del buddismo. Andaoyi voleva cambiare il modo di tramandare i sutra cartacei, quindi giurò di incidere quello del Diamante sul monte Tai. L'opera in 2500 caratteri, ciascuno dei quali misura mezzo metro quadro, durò decine di anni ed occupò una parete rocciosa di oltre 2 mila mq nella valle Shijingyu ed è considerato l'inizio dell'arte calligrafica rupestre di Taishan. Il sutra, inciso sul monte, resta un'opera eterna che esprime in tutta la sua magnificenza la grandezza spirituale di questa religione, anche se attualmente rimangono solo 1043 caratteri leggibili, a seguito della corrosione prodotta dagli agenti atmosferici. Quasi a unire buddhismo e confucianesimo, al tempo dei Ming, un ignoto studioso ha fatto incidere ai piedi di questi grandi caratteri, un paragrafo dell'opera di Confucio il Da Xue (Il Grande Studio).
L'ultimo tratto della salita conduce il pellegrino a varcare la soglia della Porta Celeste Meridionale  (南天门nán tiān mén): conosciuta anche come "Terza Porta del Cielo". Costruita nel 1264 sotto il regno di Zhong Tong, della Dinastia Yuan. (1271-1368). La parte superiore della porta è chiamata col nome poetico di Padiglione che Iambisce le nuvole  (摸天阁mō tiān gé). Sulla lastra in pietra, posta a sinistra della porta, vi è un poema di Du Renjie, della Dinastia Yuan, che dice: «Ho ammirato lo spettacolo che appare dalla Terza Porta Celeste e si estende per i cieli senza fine. La scalinata dai mille gradini mi ha portato ad una vista incantevole: mille cime di monti».


E finalmente, sulla vetta, si giunge al santuario dell'Imperatore di Giada, (玉皇帝yù huáng dì) il dio della montagna, ma venerato come massima divinità fino dagli albori della storia cinese; al primo posto come divinità Taoista, è anche chiamato il signore del Tempo Presente. All'interno del tempio, in una sala principale vi è dipinta una processione in onore della divinità. Con l'avvento del buddismo, il dio di Tai Shan fu identificato nel dio dei morti. Su una tavoletta posta davanti alla statua si legge: «Onore al grande dio, sovrano di giada, imperatore dell'alto» (玉皇上帝大天尊 yù huáng shàng dì dà tiān zūn). Importanti gli affreschi sulle pareti: a destra gli "Otto immortali", a sinistra i "Cinque vegliardi".


 Molti pellegrini iniziano la salita al Tai Shan,  alla sera  e, dopo aver pernottato sul monte, nelle prime ore del mattino, assistono presso il  Belvedere del Sole (日观风rì guān fēng), allo spettacolo che costituisce lo scopo del loro viaggio: lo straordinario sorgere del sole sulle montagne circostanti, uno spettacolo altamente suggestivo, capace di dare allo spettatore l'impressione di trovarsi al cospetto degli dei. Sembra che anche Mao Zedong dopo aver conquistato la cima, avrebbe pronunciato, scrutando l’orizzonte, la celebre frase «L’Oriente è rosso».


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