Chiunque ami i racconti di
viaggi, non può non conoscere la straordinaria figura di San Zang, monaco
pellegrino, vissuto in Cina nel VII secolo durante la Dinastia Tang. Insigne
maestro spirituale, dotato di elevata forza d'animo e carisma, San Zang compì
una marcia di ottomila chilometri, lungo
la Via della Seta, per raggiungere il
monastero di Nalanda, in India, culla della fede buddhista. Qui rimase diversi
anni, studiando accanto ai più sapienti conoscitori della tradizione buddhista,
prima di riprendere la strada per la Cina. Nel 645, dopo quasi diciassette anni
di assenza, rimise piede nella capitale imperiale. Portava con sé venti cavalli
carichi di reliquie religiose donategli dai buddhisti indiani e tre canestri di
sūtra, i sacri testi della
tradizione buddhista, donde il nome sanscrito con cui San Zang fu presto conosciuto: Tripiṭaka «tre canestri» (in cinese, appunto, San Zang).
Il resoconto
dettagliato dei suoi spostamenti (Dà Táng Xīyù
Jì, Annotazioni sulle Regioni Occidentali ai
tempi dei grandi Tang) fu redatto da Bian Ji, un suo discepolo che impiegò
più di un anno a trascrivere la dettatura del maestro e rappresenta la prima
informazione affidabile per i cinesi riguardo alla geografia e agli abitanti di
paesi lontani dell’occidente. Il
libro contiene più di 120.000 caratteri cinesi ed è suddiviso in dodici volumi,
che descrivono la geografia, i trasporti marittimi e terrestri, il clima, i
prodotti locali, le etnie, le lingue, la storia, la politica, la vita
economica, le religioni, la cultura e i costumi sociali di più di cento paesi,
regioni, città-stato, nell’area geografica che attualmente ospita Xinjiang (Cina),
Afghanistan, Tagjikistan, Uzbekistan, Pakistan, India, Bangladesh e Sri Lanka. Attualmente il testo è di grande
interesse per gli storici moderni e gli archeologi: le Annotazioni rappresentano una fonte importante di informazioni
sull’Asia Centrale, documentano l’esistenza di una cultura buddhista in
Afghanistan e testimoniano l’esistenza, a quel tempo, delle famose sculture dei
Buddha di Bamiyan (quelle distrutte recentemente dai talebani) e, per
l’esattezza delle descrizioni dei luoghi,
è stato utile negli scavi per il ritrovamento di numerosi siti
archeologici in India.
San Zang era nato nel 602 d.C. a Chen He, un villaggio nei
dintorni di Luoyang, nella provincia
cinese dello Henan. La sua famiglia era famosa da secoli per la sua erudizione
e Chen Hui (questo era il suo vero nome) era il più giovane di quattro
fratelli: un suo antenato, Chen Shi, era stato ministro sotto la dinastia degli
Han Orientali; suo nonno Chen Kang, era stato professore all’Accademia
Imperiale durante la dinastia dei Qi Settentrinali. Suo padre, confuciano
conservatore, era magistrato della contea di Jiangling durante il dominio della
dinastia Sui. Fu educato dal padre assieme ai suoi fratelli secondo lo spirito confuciano: secondo le
biografie tradizionali, San Zang mostrò
fin da bambino una intelligenza eccezionale e stupì il padre per la sua
scrupolosa osservanza dei riti confuciani fino dalla età di otto anni. Da
ragazzo si appassionò allo studio dei Classici confuciani della letteratura
cinese ma fu attratto, come il fratello maggiore, anche dalla religione
buddhista ed entrò nel monastero di
Luoyang all’età di tredici anni. Dopo la morte del padre, visse con il fratello
maggiore Chen Su nel monastero Jingtu di Luoyang per quattro anni, dedicandosi
allo studio del buddhismo mahayana. A causa dei disordini sociali e politici
che seguirono la caduta della dinastia Sui (618) dovette spostarsi a Chengdu
nel Sichuan dove a vent’anni (622) fu
ordinato monaco presso il Tempio dello Splendore Celeste.
Salito
al trono l’imperatore Taizong, della dinastia Tang, iniziò un periodo di
relativa pace, durante il quale San Zang ebbe modo di viaggiare in lungo e in
largo attraverso la Cina alla ricerca di testi sacri buddhisti. Dopo qualche tempo
fu trasferito al Tempio del Grande Studio a Chang’an [oggi Xi’an], la nuova
capitale dell’impero, in una comunità di monaci che avevano dedicato la loro
vita alla traduzione dei Libri Sacri provenienti dall’India. Durante i suoi
studi però, ebbe modo di constatare con dispiacere la incompletezza e la errata interpretazione della natura delle scritture
buddhiste che erano arrivate in Cina. Così si era espresso a riguardo: «Sebbene il Buddha sia nato in Occidente, la sua dottrina si è diffusa in
Oriente. Nel corso della traduzione, errori possono essere stati inseriti nei
testi e parole possono essere state mal
interpretate. Se le parole sono sbagliate, si perde il loro senso e quando una
frase viene mal interpretata, la dottrina viene distorta.». Un
giorno San Zang ebbe un sogno premonitore e concepì allora l’ardito piano –
sulle orme del monaco Fa Xian, che era andato in India due secoli prima alla
ricerca di testi sacri buddhisti - di andare anche lui in India a cercare dei
testi originali delle scritture da riportare in Cina.
(vedi anche: Via della Seta o Via dei Sutra?)
È difficile immaginare un
percorso più lungo, accidentato, pericoloso di quello che questo intrepido
monaco aveva scelto di percorrere. San Zang era descritto come un uomo alto e
bello, di costituzione delicata; elegante nel vestire, educato nei modi, dallo
sguardo vivace e dalla voce suadente. Eppure, questo gentile e raffinato
studioso non indietreggiò di fronte alla prospettiva di lasciare la sua casa a
Luoyang, nella Cina nord-orientale, per mettersi in viaggio alla volta
dell'India.
Ma seguiamo le sue
avventure come lui stesso ce le racconta nelle Annotazioni: ci soffermeremo in particolare sul suo passaggio lungo
la Via della Seta, che ci consente di approfondire la nostra conoscenza di un
territorio pericoloso ma affascinante: il bacino del Tarim, che ospita il
terribile deserto di Taklamakan, circondato a nord dalla catena montuosa dei
Monti Celesti [Tian Shan] e a sud dal massiccio del Kunlun, considerato nella
tradizione orientale una “Montagna Cosmica” che simboleggia “il punto che segna
il passaggio dal Caos Primordiale all’Ordine”. Un territorio solo
apparentemente deserto ed inospitale, che ha visto nei secoli il passaggio di
innumerevoli carovane, ma che fu anche la via di ingresso del buddhismo in
Cina.
San Zang iniziò il suo
pellegrinaggio nel 628, partendo da Chang’an dirigendosi prima a nord-ovest,
verso Anxi [nella attuale provincia del Gansu]: di qui la via diventava
difficoltosa, dovendo costeggiare l’immenso deserto di Taklamakan, nel bacino
del Tarim. Ma a complicare il viaggio di San Zang non c’era solo il deserto: in
quei mesi i cinesi erano scesi in guerra
contro delle popolazioni turche ai confini nord-occidentali e l’imperatore
Taizong aveva proibito a tutti di muoversi al di fuori dei confini imperiali. Scrive
San Zang in proposito:
«Quando arrivai al confine estremo della Cina, al
bordo del deserto di Lop, fui catturato dalle milizie cinesi. Non avendo un
permesso di viaggio, volevano rimandarmi al monastero di Dun Huang affinché
rimanessi là. Allora io risposi: “Se voi insistete a trattenermi, vi consento di togliermi la
vita ma non farò nemmeno un passo indietro verso la Cina”».
Per fortuna anche l’ufficiale
cinese era buddhista e commosso dalla
sua determinazione, lo lasciò passare. Per evitare il successivo posto di
blocco, San Zang ebbe la malaugurata idea di abbandonare la pista principale e
tentò una deviazione che lo condusse in una zona così aspra e selvaggia che non
mostrava alcun segno di vita: non c’erano uccelli in cielo né animali sul terreno né acqua, né vegetazione. Era
esausto per il caldo e per la sete dopo quattro giorni iniziò ad avere
terrificanti miraggi di cavalieri fantasma: stava per morire, quando il suo
unico compagno, il suo cavallo, seguendo il suo istinto, cambiò improvvisamente
direzione e lo condusse in un’oasi dove trovarono acqua e qualcosa da
pascolare: la sua vita era salva! Alcuni giorni dopo arrivò a Turfan, dove si
riposò per qualche giorno.
Turfan è stata per
lungo tempo un’oasi fertile (grazie ad
un ingegnoso sistema di canali sotterranei, detto karez, che raccolgono l’acqua dai monti circostanti) ed un
importante centro commerciale lungo la Via della Seta. Conteso per secoli tra i
cinesi e gli Xiongnu fin dai tempi della dinastia Han, Turfan, ai tempi di San
Zang era un regno indipendente governato da una tribù di etnia turca. Il re di
Turfan, incantato dalla conoscenza del monaco dei sacri libri buddhisti, voleva
trattenerlo con sé e rifiutò di dargli il permesso di ripartire: solo quando
Xuanzang iniziò lo sciopero della fame, il re, riluttante, gli consentì di
andarsene e gli diede delle lettere di credenziali per presentarsi ai
governanti delle oasi lungo la strada, fornendogli tutta l’assistenza
necessaria per il successo del suo pellegrinaggio.
Proseguendo il suo cammino
verso ovest lungo la carovaniera, Xuanzang sfuggì ad una imboscata di predoni e
trovò riparo in un monastero buddhista a Kuqa.
Scrive San Zang nelle sue note:
«Il terreno in questa zona è adatto alla coltivazione di
riso e grano […] si coltiva le vigne, i melograni e numerose specie di susini,
peri, peschi e mandorli […] Il sottosuolo è ricco di minerali: oro, rame,
ferro, piombo e stagno. Il clima è temperato e le persone si comportano
onestamente. La scrittura è simile a quella indiana, seppure con qualche
differenza. Superano gli abitanti dei regni confinanti nella loro abilità a
suonare il liuto e la pipa. Si vestono con abiti di seta ornati di ricami […]
In questa regione ci sono circa cento conventi, con più di 5.000 monaci, che
appartengono alla scuola Theravada [Piccolo Veicolo] e Sarvastivada. Le loro
regole e la disciplina è simile a quella indiana e i loro testi sono quelli
originali..»
La tappa successiva fu Aksu, che descrive come capitale del
regno di Baluka: anche di questa regione descrive geografia, clima e usi
locali, non dimenticando di elencare minuziosamente i conventi buddhisti
incontrati e le loro regole. Tra un’oasi e l’altra il paesaggio è incredibile,
sembra di essere in un pianeta sconosciuto: ecco, vicino a Aksu le cosiddette
“Colline dai Cinque Colori”…
Da Aksu, invece di proseguire per Kashgar lungo la carovaniera della
Via della Seta, prese la via del nord-ovest e, attraversate Montagne Celesti (Tian Shan) al passo di Bedel, alto 4200 m.,
che segna il confine tra l’attuale provincia cinese del Xinjiang ed il Kyrgyzistan,
arrivò a Tashkent ed infine a Samarkanda.
Nei suoi Appunti scrive: «questa grande città, che
governa un potente stato, è circondata
da un muro di sette miglia di circonferenza.
È un paese ricco, che ha accumulato
tesori provenienti da terre lontane,
dove si possono trovare cavalli forti ed artigiani esperti e il clima è
abbastanza gradevole».
Da Samarkanda San Zang deviò verso
sud e superando i contrafforti del Pamir passò il famoso passo Porta d’Acciaio.
Continuando il suo viaggio verso sud seguendo il corso del fiume Amu Darya arrivò a Termez, ai confini meridionali
dell’odierno Kyrgyzistan, dove incontrò una comunità di monaci buddhisti che
contava più di mille persone.
Entrò poi nell’odierno Afghanistan
raggiungendo Kunduz, dove gli capitò
di partecipare ai riti funebri del principe locale Tardu, morto avvelenato in
una congiura. Proseguì poi per Balkh,
per vedere il sito buddhista di Nava Vihara, che è rimasto famoso per essere stato
il monastero più ad occidente del modo, al tempo, con più di 3000 monaci. Qui
incontrò Prajnakara, un monaco con cui Xuanzang aveva studiato le prime
scritture buddhiste, che lo aiutò a trovare il testo Mahavibhasa, che poi,
tornato in patria, tradurrà in cinese. Prajnakara lo condusse a Bamiyan, dove San Zang poté vedere le
famose statue giganti di Buddha scavate nella roccia.
Dopo questa importante tappa San Zang
riprese il suo viaggio verso est e attraversato il passo Shibar, raggiunse la
capitale della regione di Kapisi, [circa 60 Km a nord di Kabul] .
Là visitò più di cento monasteri, popolati da 6000 monaci, la maggior parte del
rito mahayana ma incontrò anche religiosi indù jainisti: era l’anno 630.
Dalle Annotazioni di San Zang apprendiamo che, al tempo della sua visita,
cioè nel 630, nella zona di Balkh c’erano almeno un centinaio di monasteri
buddhisti, con 30.000 monaci, c’era un
grande numero di stupa ed altri monumenti religiosi: il buddhismo era quindi
fiorente nella porzione bactriana dell’impero turco occidentale.
Attraverso il passo Kyber
[che separa l’Afghanistan dal Pakistan] arrivò poi a Peshawar: la città aveva perso molto dell’antica gloria e il
buddhismo era in declino nella regione. Peshawar era stata fatta capitale dal
re dei Kushan, Kanisha nel II secolo a.C. Dopo poco iniziarono a diffondersi
nella zona i missionari buddhisti che stranamente vennero ben accolti dai Kushan
(che seguivano la religione di Zoroastro) che integrarono gli insegnamenti
buddhisti nella loro religione e gradualmente si convertirono al buddhismo.
Peshawar divenne rapidamente un grande centro di riferimento per il buddhismo
anche se la religione zoroastriana e l’animismo dei Kushan sopravvissero
specialmente nelle aree rurali. Il
re Kanisha, diventato un fervente buddhista, aveva fatto costruire a Peshawar
quello che sarebbe stato il più alto edificio del mondo a quel tempo, uno stupa
gigante, per ospitare le reliquie del Buddha. Il primo riferimento a questo
edificio era stato fatto dal monaco pellegrino cinese Fa Xian, che lo aveva
visitato nel 400 d.C. e descritto come alto 120 metri e adornato con tutti i
materiali preziosi del mondo. Nessuno stupa poteva essere paragonato per
bellezza e potenza ad esso. Lo stupa venne distrutto da un fulmine e restaurato
più volte, ma quando arrivò San Zang,
nel 634, era ancora integro. Le rovine di questo stupa furono ritrovate
nel 1909 dall’archeologo americano D.B.
Spooner grazie alle indicazioni lasciateci da San Zang.
Sorvoliamo la
storia del lungo periodo di permanenza in India dove San Zang visitò tantissimi
luoghi sacri ed approfondì per anni la sua cultura buddhista: quindici anni più tardi San
Zang, ripassava sulla Via della Seta, ma
questa volta in direzione della Cina. Questa volta passò come era d’uso per le
carovaniere che andavano in Cina, lungo la pista meridionale del bacino del
Tarim, visitando Kashgar, Khotan e Loulan prima di raggiungere Dunhuang:
consapevole delle insidie che la carovaniera nascondeva in quella regione, San
Zang riuscì ad attraversare l’immenso
deserto e raggiungere Dunhuang dove
depositò i suoi preziosi manoscritti nella biblioteca del monastero presso le
grotte dei Mille Buddha di Bezeklik.
Questo complesso, si trova vicino alle antiche rovine di Gaochang, nella valle Mutou, una gola delle Montagne Fiammeggianti [che prendono questo nome dal colore rosso delle rocce di cui sono formate]. Nel sito vi sono 77 grotte scavate nella pietra, tutte decorate con dei murales del Buddha.
Il suo ritorno in Cina fu un trionfo, poiché la fama e il prestigio
guadagnati in terra indiana lo avevano preceduto, e l'imperatore in
persona volle ascoltare dalla viva voce
del pellegrino le sue avventure e le sue osservazioni di viaggio. L'imperatore
gli offrì persino una carica governativa, ma San Zang, privo di qualsiasi
ambizione, preferì dedicarsi agli studi e alla traduzione dei sūtra che aveva portato
dall'India e ancora oggi la tradizione riferisce a lui 1338 dei 5084 sūtra che costituiscono il canone
buddhista cinese.
La fantasia popolare non
tardò a impossessarsi della figura potente e insieme gentile di questo monaco.
Su San Zang vennero creati racconti, favole, ballate, i quali confluirono a
formare il corpus di una grande tradizione narrativa, tramandata prima
oralmente e poi per iscritto. I più antichi di questi documenti risalgono alla
dinastia Song. Al periodo Yuan va ascritta una versione teatrale intitolata Xiyouji,
appunto «Cronaca di un viaggio in occidente». È
questo un classico
della letteratura cinese, forse il più famoso tra le giovani generazioni. È
stato pubblicato anonimo nel 1590 circa e non ci è pervenuta alcuna prova
materiale relativa all'identità dello scrittore, ma lo si attribuisce
tradizionalmente all'erudito Wu Cheng’en. Il libro è una riflessione su quanto
il buddhismo cinese avesse unito, fondendo aspetti del taoismo e del confucianesimo
in Cina. Rappresenta inoltre un vero e proprio percorso di purificazione dei
vari personaggi, che alla fine del viaggio giungeranno all'illuminazione. Il
romanzo racconta in versione mitizzata il viaggio di un monaco buddhista. Nel
romanzo, il monaco Xuan Zang [Hsüan
Tsang] (ispirato al personaggio storico San Zang) viene inviato dalla Bodhisattwa
Guanyin in India per ottenere le copie di determinati testi buddhisti
importanti, non disponibili in Cina. È accompagnato nel suo viaggio da tre
discepoli — il re scimmia Sun Wukong, il maiale Zhu Baijiè ed il demone
fluviale Sha Wujing i quali decidono di proteggerlo ed aiutarlo nell'impresa
per ottenere il perdono dei peccati commessi. Il cavallo del protagonista è
invece, in realtà un principe drago, figlio del Re Drago del Mare del Sud.
Insieme, combattono i mostri ed i demoni che incontrano lungo il cammino,
compreso il Bai Gu Jing, che uccide intere famiglie succhiando l'anima e la
vita, ed il demone del ratto, che seduce e uccide i monaci con i suoi artigli.
Uno degli assistenti soprannaturali
del monaco, il re scimmia Sun Wukong, è diventato uno dei personaggi più famosi
e più cari della letteratura cinese. Il suo grado di popolarità e di
riconoscimento in Asia è stato paragonato a quello di Topolino nei paesi
occidentali (considerando le sue avventure, il carattere, ed il valore
educativo della storia, noi potremmo paragonarlo al nostro Pinocchio). La
ragione della popolarità così duratura del romanzo, viene dal fatto che esso è
portatore di messaggi a livelli multipli: è una storia di avventura, con
parecchi passaggi al comico, e anche una metafora in cui il gruppo dei
pellegrini che viaggiano verso l'India corrisponde ad un viaggiare simbolico
verso il chiarimento, ad un viaggio interiore verso un livello di educazione
più elevato.
Il romanzo è stato preso ad
ispirazione per:
·
Monkey: serie umoristica a cartoni animati
per la televisione, parodia del Viaggio in Occidente ma è anche un po'
più fedele e come tale di difficile comprensione per il pubblico occidentale.
·
Lo scimmiotto, di Milo Manara e Saverio Pisu (Alterlinus, 1976). Versione molto libera
della prima parte della storia, che si conclude con l'imprigionamento del re
delle scimmie sotto la Montagna dei Quattro Elementi.
·
Dragon
Ball: (serie
giapponese di manga e anime liberamente ispirata anch'essa al Viaggio in
Occidente, ma mentre l'intenzione del testo originale fu di diffondere la
nozione di karma in una cultura perlopiù animista e in parte panteista, quella
cinese appunto, Dragon Ball si propone invece di diffondere nozioni di panteismo
in una cultura agnostica, quale quella occidentale).
Le (poche) traduzioni italiane sono:
·
Lo scimmiotto, traduzione di A. Motti dalla
versione ridotta di Arthur Waley del 1942 (traduce soltanto trenta dei cento
capitoli), Einaudi, 1960.
·
Il viaggio in Occidente, a cura di S. Balduzzi, Rizzoli,1998.
·
Lo scimmiotto, Adelphi, 2002 (prima edizione 1971).Son Goku - Lo scimmiotto di Pietra, Kappa
Edizioni,2005.
Sitografia
http://en.wikipedia.org/wiki/Xuanzang
http://depts.washington.edu/silkroad/texts/faxian.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Viaggio_in_Occidentehttp://bifrost.it/Articoli/Sunwukong.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Turpan
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