Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

venerdì 1 aprile 2011

«Mission impossible»: Il papa Innocenzo IV chiede a frate Giovanni di convertire l’imperatore della Cina

Percorrendo più di 10.000 chilometri «per poter portare a compimento la volontà di Dio, secondo l’incarico del signor papa e per essere in qualche modo d’aiuto ai cristiani», frate Giovanni raggiunse la tenda del Gran Khan dei Mongoli, imperatore della Cina, il 22 luglio del 1246 recando con sé due lettere papali. Fu il primo occidentale a ritrovarsi faccia a faccia col sovrano più temuto della terra, quindici anni prima dei fratelli Matteo e Niccolò Polo. La sua missione costituì il primo, esile filo di contatto tra l’Occidente e quel mondo così distante. nella sua opera Historia Mongalorum che scrisse al ritorno dalla sua missione, ci ha lasciato una preziosa testimonianza sugli usi e i costumi dei Mongoli.

Siamo nel 1227: muore Gengis Khan, fondatore dell’impero mongolo, e il figlio Batu si appresta a colpire il cuore dell’Europa con le orde dei suoi Tartari. Cavalieri spietati e feroci, essi conquistano gli altipiani iranici, annientano i principati russi e compaiono improvvisi, nel 1241, alle porte di Cracovia. Per un anno intero Polonia, Ungheria e Balcani, fino alle coste dell’Adriatico, sono devastati dalle truppe del generale Batu. Poi, improvvisamente, alla notizia della morte di Ögödai, suo fratello e Gran Khan in Mongolia, con la stessa velocità con cui erano apparsi, si ritirano, per essere di nuovo inghiottiti dalle steppe eurasiatiche e ritrovarsi a Karakorum, capitale di un impero immenso, dal Pacifico agli Urali.

Lo sgomento in Europa è grande, temperato solo dalle notizie delle sconfitte subite dai musulmani ad opera dei mongoli. Il papa Innocenzo IV, aprendo nel 1245 il Concilio di Lione, pone la questione del Remedium contra Tartaros: si decide di inviare a Karakorum un legato pontificio, per chiedere al Khan la conversione dei Tartari e la rinuncia alla conquista dell’Europa in vista di una possibile alleanza contro l’islam. La scelta cade sul francescano Giovanni da Pian del Carpine.

Giovanni da Pian del Carpine era nato a Magione (Perugia) nel 1182: nel 1215 era entrato nell'Ordine dei Frati Minori ed era stato tra i primi compagni di Francesco d’Assisi. Come frate minore aveva fatto parte della missione inviata da Francesco in Sassonia: aveva predicato ad Augusta, Magonza, e Colonia. Nel 1228 era stato ministro provinciale in Germania e poi in Spagna e infine nuovamente in Germania. Questo lungo periodo trascorso in vari paesi europei aveva affinato le sue capacità diplomatiche ed abituato il suo fisico e il suo carattere alle più impensabili situazioni. Proprio per queste sue qualità il papa Innocenzo IV aveva pensato a Giovanni da Pian del Carpine come alla persona ideale per guidare una ambasceria diretta al Gran Khan dei Mongoli, ambasceria che doveva passare per le terre russe.

A quell'epoca frate Giovanni era vicino ai 65 anni ed oltretutto piuttosto grasso: il viaggio che lo aspettava era il più difficile e pericoloso che un uomo potesse affrontare, ma egli vi si dedicò senza particolari preoccupazioni. Ma ripercorriamo questo avventuroso viaggio nei suoi particolari.

...Cosí prendendo cammino arrivammo al re di Boemia, il quale, essendo nostro familiare, ci consigliò che ci aviassimo verso Polonia e Rossia, perché in Polonia aveva della sua stirpe, con l'aiuto de' quali potressimo intrar in Rossia...

Partì da Lione il 16 aprile del 1245 e fece una prima tappa a Cracovia: là incontrò alcuni rappresentanti dell'aristocrazia russa fra cui il principe Vasil'ko di Volinia che descrisse dettagliatamente la situazione di soggezione in cui era caduta la Russia dopo l'invasione mongola. Il principe suggerì a frate Giovanni di procurarsi dei doni per il Gran Khan perché un ambasciatore che gli si fosse presentato a mani vuote non sarebbe stato né rispettato e né preso in considerazione. Così frate Giovanni comprò delle pellicce pregiate e riprese il suo viaggio fino a Kiev, protetto da una scota del principe. Cavalcando lungo le terre della Russia meridionale frate Giovanni poté constatare di persona la devastazione apportata dai Mongoli: molte città erano state completamente distrutte; tutti gli abitanti erano stati trucidati e dappertutto erano visibili resti di ossa umane; la stessa Kiev non contava più di qualche centinaio di case e i suoi abitanti erano ridotti in schiavitù. Anche a Kiev frate Giovanni ricevette l'aiuto dei principi russi che gli procurarono dei cavalli mongoli, più capaci, rispetto agli altri, di brucare l'erba anche da sotto la neve riuscendo a sopravvivere anche d'inverno.

…Essendo adonque venuti in Kionia, auto consiglio del nostro camino col caporale e altri nobili, ne fu risposto che, se conducessimo li nostri cavalli nelli confini de Tartaria, fosse gran neve tutti morirebbono, conciosiaché non saperebbono cavare l'erba sotto la neve come li tartareschi,…

Da Kiev i due religiosi andarono verso sudest e poi a est attraverso la sconfinata pianura coperta di neve dirigendosi verso il mare di Azov: finalmente vennero a contatto con gli avamposti del territorio mongolo: furono scortati fino dal principe di Corenza, governatore delle provincia più occidentale della Tararia:


…Era la sesta feria poi lo primo giorno di quadragesima, e giva il sol a monte, quando, posti ad alloggiare, corsero sopra noi Tartari orribilmente armati; e cridando che uomini fossemo, fu lor risposto noi esser ambasciatori del signor nostro papa de' cristiani, …le qual cose udite, li Tartari dissero voler dar cavalli e guida che ne conducessero fino a Corenza. …Pervenuti adonque alla sua corte…furono eziandio offerte le lettere del signor nostro papa, ma l'interprete che da Kionia con pagamento avevamo menato con noi non era sufficiente ad interpretarle, né manco si ritrovava alcun altro; dove, datigli cavalli e tre Tartari che ne guidassero, se n'andammo al Baty. Questo è appresso loro il piú possente, salvo l'imperatore, a cui tutti son tenuti obedire piú che ad altro principe...

Il 4 aprile 1246 arrivarono così all'accampamento di Batu Khan del Capciac (comandante in capo delle forze mongole in Europa e principe più importante dopo il Gran Khan), in riva al fiume Volga, poco a monte della moderna città di Astrakan.

Si partimmo la seconda feria poi la prima domenica di quadragesima, e sempre cavalcammo tanto quanto potevamo trovar li cavalli, perciò che tre e quattro fiate avevamo cavalli da nuovo, ogni giorno dalla mattina sino alla notte, anzi spesso di notte s'affrezzavamo, né perciò potessimo aggiunger nanti il mercordí santo.

La prima accoglienza del Khan fu rude e diffidente: I due frati furono ammessi alla presenza del Khan Batu solo dopo che furono passati tra due roghi ardenti, cerimonia che aveva lo scopo di togliere ogni potere alle sostanze venefiche o malefiche che i frati nascondessero sotto il saio.

…Ne fu detto esser necessario prima passar per mezo due fochi, ma noi questo per nissun modo volevamo fare. Quelli ci dissero: “Andate securamente, che per altra causa non facciamo se non che, portando voi qualche mal pensiero al nostro signore, over veneno, il foco vi lievi ogni cosa nociva”. A' quali rispondemmo che, acciò di tal cosa non avessero sospizione, volentieri eramo apparecchiati di passare…


Al campo di Batu Frate Giovanni vide con i propri occhi a quale livello di soggezione i Mongoli avessero ridotto il popolo russo. In seguito però Batu si mostrò benigno al punto che i due frati quattro giorni dopo poterono riprendere il cammino verso est, scortati da un piccolo maipolo di Tartari.

Il nostro cammino era per Comania, cavalcando fortissimamente, conciosia non mancasse da mutar cavalli cinque e piú fiate al giorno, salvo quando camminavamo per li deserti; ma allora toglievamo cavalli migliori e piú forti, che potessero sostenire la continua fatica. È Comania terra grandissima e longa, li popoli della quale li Tartari hanno destrutta, benché altri scamporno che poi son tornati e fatti suoi servi...Poi intrammo nella terra de' Kangiti, la quale in molti lochi ha grande carestia d'acqua, e dove pochi abitano, non gli essendo acque. … Per questo paese e per Comania eziandio trovammo giacer in terra molti capi e ossi di morti, come in sterquilinio. Fu lo nostro cammino dall'ottava di Pasqua fino a l'Ascensione… Usciti del paese de' Kangiti intrammo nella provincia de' Bisermini, che parlano in lingua comana, ma tengono la legge de' Saracini; eziandio in questo paese trovammo infinite città con castelli minate e molte ville deserte… Per questi luoghi andammo dall'Ascensione fin quasi ad otto giorni nanti la festa di santo Giovanni Battista; poi intramo nella terra delli Kithai neri, nella quale l'imperatore ha edificato un palazzo dove etiam fummo invitati a bere...

...Partiti la vigilia di san Pietro e Paulo, entrammo nella terra de' Naimani, che son infideli. Nel giorno delli Apostoli cascò una gran neve e avessimo un gran freddo. Questo paese è frigidissimo e pieno di monti, e ha poco piano; queste genti, come li Tartari da' quali erano soggiogate, non lavorano e abitano ne' padiglioni. Passati per questo luoco molti giorni, venimmo al paese de' Tartari; qui cavalcando velocemente tre settimane, il giorno di santa Maria Maddalena pervenimmo a Cuyne, eletto imperatore … levavamo la mattina per tempo e, senza mangiare, cavalcavamo fino a sera, e spesse fiate cosí tardi venivamo che non si trovava che mangiare, ma quel che dovevamo aver cenato davasi la mattina; e mutati spesso li cavalli, senza perdonarli, senza alcuna intermissione, velocemente quanto potevano trottare, tanto li sforzavamo.

In tre mesi e mezzo di rapidissimo viaggio a cavallo attraverso un paese disseminato di ossami, di rovine di castelli e di ville, percorsa la steppa dei Chirghisi, varcati i fiumi Sir Daria e Ili, attraversata la Zungaria ancora coperta di nevi, l'ambasceria del papa giunse finalmente nell’agosto 1246 allo 'accampamento imperiale di Sira Ordu (presso Karakorum) dopo circa 5.000 km percorso in (soli!) 105 giorni di viaggio in tempo per assistere alla "kuril tay" (= assemblea) che elesse il Gran Khan Güyük.

Dovettero però aspettare quattro mesi prima di essere ricevuti dal Gran Khan: quest'ultimo, infatti, non era ben disposto nei loro confronti poiché si erano presentati a mani vuote (tutte le pellicce pregiate comprate da frate Giovanni erano state incamerate infatti da Batu).

Il Gran Khan aveva persino ordinato che fosse data loro una piccola quantità di cibo e neanche tutti i giorni. Se non fosse stato per il buon cuore di un orafo russo al servizio del Gran Khan, che di nascosto passava le vivande ai frati, probabilmente sarebbero morti di fame.

Però, in occasione della solenne incoronazione del Gran Khan, i frati ebbero l'opportunità di assistere alla fastosa sfilata delle ambascerie barbariche arrivate al campo tartaro, quasi una rassegna di tutte le popolazioni dell'Asia.

...Quivi era teso un padiglione di scarlatto bianco, di tal grandezza che a nostro giudicio potevano ben star entro duemila uomini; era fatto atorno il circuito un palco di legname, over steccato, con varie figure a maraviglia dipinto. Qui andammo noi con li Tartari che a guardia nostra erano assegnati, e già tutti i principi erano venuti insieme, e ciascun d'intorno cavalcava con li suoi fanti per pianure e colli. Il primo giorno tutti si vestirono di scarlatto bianco, il secondo di rosso, e allora venne Cuyne al padiglione, ma il terzo giorno tutti furono in scarlatto turchino, il quarto in bellissimi baldaquini...Cosí li principi infra il padiglione parlavano insieme e trattavano la elezione dell'imperatore, ma tutto il popolo dimorava da lontano fuori dello steccato, e cosí stavano insino a mezogiorno; allora si cominciava a bever latte di cavalle, e fin alla sera tanto ne bevevano che era cosa mirabile a vedere. Noi eziandio chiamaron piú entro e ne diedero della cervosa, e questo ne fecero per segno di onore, ma tanto ne sforzavano a bevere che per niun modo tal consuetudine potevamo sostenere; onde mostrammo questo esserne grave, per il che cessorno far tal sforzo.

Finalmente nel novembre del 1246 frate Giovanni fu ricevuto dal Gran Khan. e poté consegnare a un ufficiale della Corte la missiva del Papa.


In quel luoco dove fu posto l'imperatore nella sedia fummo chiamati nanti la stanza, e, poi che Ginghay, protonotario suo, ebbe scritto li nostri nomi e di coloro da' quali eramo mandati, e del prince de' Solanghi e degli altri, cridò in alta voce recitando quelli all'imperatore e università de' signori. La qual cosa fatta, ogniun di noi quattro fiate inchinosse col ginocchio sinistro; ne avvisorno che non toccassimo il soglier della porta e, poi che con diligenzia fummo cercati, non ci trovarno arme alcune adosso. Entrammo per la porta dalla parte orientale, però che da l'occidente niuno passa se non l'imperatore; il simile fa uno principe nel suo padiglione, ma gli altri non fanno molto stima di tal cosa. Allora primamente venimmo alla sua presenzia, e nella stanza, cioè dopoi che fu dichiarato imperatore, tutti eziandio gli ambasciatori furono ricevuti da quello, ma pochissimi entrorno nel suo padiglione. Molti doni furono presentatili da loro, ch'erano vasi infiniti, cioè sciamiti, scarlatti, baldaquini, centure di seta lavorate d'oro, pelli nobilissime e altri presenti...E noi fossimo richiesti se li volevamo far presenti, ma già non era possibilità, conciosiaché tutto quasi il nostro avevamo consumato in tal arte. Nel medesimo luogo, longi dalle stanze, sopra un monte, stavano piú de cinquecento carrette, le quali tutte erano piene d'oro e argento e drappi di seta, e ciò fu diviso fra l'imperatore e capitani, i quali dopoi distribuirono come gli piacque a' suoi la parte che gli era toccata.

Purtroppo il contenuto delle bolle che il papa gli aveva dato non era il più adatto per ricercare un'alleanza: il Gran Khan veniva trattato come un inferiore e dall'alto il papa imponeva ai Mongoli di pentirsi dei loro peccati, di smetterla di sterminare i cristiani e di battezzarsi. La risposta alle lettere papali giunse dopo qualche giorno: il Gran Khan rifiutava ogni proposta del papa anzi ingiungeva al pontefice e a tutti i principi cristiani di sottomettersi alla sua autorità.

Qualche giorno dopo ricevettero (per interposta persona) la risposta del Gran Khan Güyük:. Il testo più o meno è questo:

"Io Gran Khan Güyük, imperatore di tutti i credenti, chiedo a te, Innocenzo, di raggiungere di persona la mia reggia se la tua speranza è davvero quella della pace. Voi abitanti dell'Occidente pensate sempre di essere i soli depositari della fede giusta e disprezzate le altre religioni. Ma come potete essere così presuntuosi da sapere a chi Dio concederà la sua grazia?".

Il risultato immediato della missione di Fra Giovanni da Pian del Carpine era nullo:senza por tempo in mezzo e rinunciando a prendere con loro un inviato mongolo come era stato consigliato, si rimisero in cammino: era il 13 novembre 1246.

Tra infiniti stenti,dormendo spesso al riparo di un mucchio di neve o di una fossa, rifecero la via che avevano già percorsa fino al campo del Khan Batu; ci arrivarono il 9 maggio 1247. Dal campo si diressero verso Kiev, dove lo accolsero con grande gioia e gli fecero le congratulazioni come se fosse tornato dal regno dei morti. Fu nuovamente ospite del principe Vasil'ko di Volinia che diede un banchetto in suo onore. Giunse infine a Lione dal papa nel novembre del 1247. L'anno successivo frate Giovanni fu nominato arcivescovo e inviato in Montenegro. Morì nella sua diocesi nel 1252.

Bisogna dire che quella di frate Giovanni fu anche una missione esplorativa e di spionaggio, come risulta evidente dalla relazione che ne fece, ricchissima di notizie geografiche, politiche e militari, e conclusa da abbondanti consigli su come combattere i mongoli. La lunga attesa a Karakorum diede infatti la possibilità a frate Giovanni di conoscere gli usi e i costumi dei Mongoli lasciandoci una preziosa testimonianza nella Storia dei Mongoli, l'opera che scrisse al ritorno dalla sua missione.

Dalle pagine della sua cronaca apprendiamo tante notizie sul suolo,sul clima, sui costumi, sui riti, le abitazioni, le vesti, le guerre dei Mongoli e anche di altre genti (Russi, Bulgari, Baschiri, Cinesi, Samoiedi). Questa può essere considerata la più antica descrizione storico-geografica dell'Asia Centrale ricca di notizie relative alle tecniche di guerra, ai nomi delle armi, e di indicazioni sulla religione animistica di quei popoli.

Frate Giovanni aprì la strada a successive spedizioni, compresa quella di Marco Polo, di cui fu precursore di ben ventisette anni. E quando i Polo, poco dopo il 1260, giunsero alla corte del Khan, trasferita nel frattempo a Khambaliq (Pechino), vi trovarono un imperatore curioso e ben disposto, Qublai. Ai mercanti veneziani il Kahn «dimandò di messere il papa e di tutte le condizioni della Chiesa romana e di tutte le usanze dei latini». Il ritorno dei Polo, nove anni dopo, fu foriero di buone nuove per il Pontefice. Qublai aveva chiesto loro di tornare accompagnati da uomini di scienza che istruissero i tartari sulla religione cristiana e, per sé, desiderava un po’ dell’olio che ardeva nella lampada del sepolcro di Cristo.

Ma i Polo tornarono soli in Cina. I domenicani che il Papa aveva inviato con loro non giunsero sino a Pechino. Il giovane Marco, figlio di Niccolò, rimase al servizio di Qublai per diciassette anni, ma non fece in tempo a vedere insediato nella Città proibita il primo vescovo cattolico di Pechino, un altro francescano, anche lui di nome Giovanni, Giovanni da Montecorvino.

Della memoria di questo straordinario personaggio, che visse alla corte dei Khan per 34 anni, molto si è perduto. E questo perché la Chiesa nata per la sua attività missionaria non resistette alla cacciata dei Mongoli e all’insediamento della dinastia Ming (1368) che chiuse il Paese alle influenze straniere. Inoltre Giovanni non fece mai ritorno in Europa, e le fonti storiche sulla sua attività sono scarse e frammentarie
… ma questa è un’altra storia!



Riferimenti bibliografici:

Giovanni da Pian del Carpine, Storia dei Mongoli, Daniele Lucchini, Mantova, 2007
http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_da_Pian_del_Carpine
http://www.fmboschetto.it/didattica/fra_giovanni_da_pian_del_carpine.htm
http://www.mongolia.it/giovanni_contenuto.htm
http://it.cathopedia.org/wiki/Giovanni_da_Pian_del_Carpine
http://italian.ruvr.ru/2010/08/10/15178038.html
http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=1695












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