Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

sabato 14 settembre 2013

Basta parlare di Grillo…parliamo di grilli!




Nella mia continua ricerca di elementi che accomunano la nostra cultura mediterranea con quella cinese, propongo oggi di considerare un insetto: il grillo. E’ curioso come il grillo rappresenti un essere interessante sia per il mondo asiatico che per quello occidentale, in particolare nel mondo contadino ma non solo, come vedremo.
Il grillo è stranamente un insetto gradito dall’uomo, benché non sia particolarmente bello, né utile: questo animaletto tuttavia, per il suo comportamento pazzerello e l’allegria che il suo canto infonde, è simbolo di gaiezza e bizzarria. Il grillo canterino, o grillo campestre, vive nei prati, nelle coltivazioni erbacee e nelle radure, e spesso lo si incontra anche nei giardini, sia in pianura sia in montagna. Presenta livrea di colore nero lucente, occhi composti, antenne lunghe e sottili, arti posteriori molto sviluppati e adatti al salto. All’inizio della primavera, subito dopo aver raggiunto lo stadio adulto, il grillo canterino inizia a scavare gallerie nel terreno per costruirsi una tana piuttosto semplice, in cui si rifugia durante il giorno; poi, al calar del sole, esce dal nascondiglio e inizia a vagabondare tra l’erba alla ricerca di cibo, costituito da foglie, semi, radici e frutti; pur essendo piuttosto vorace, non arreca però danni alle colture. In maggio ha inizio la stagione degli amori e il maschio del grillo canterino dà il via alle sue esibizioni canore, che riempiranno le ore notturne fino a tutto luglio: i suoni sono composti da una sola nota, che l’animale ripete instancabile per ore e ore. Attratte dal canto, le femmine escono e raggiungono i maschi per accoppiarsi; dopo la fecondazione depongono nel terreno le uova, dalle quali schiudono piccole larve già simili agli adulti, che in autunno, dopo 7-8 mute, scavano nel terreno le tane in cui svernare. Nel marzo successivo le larve tornano in superficie per completare lo sviluppo entro maggio.

Per i cinesi, il grillo, che depone le uova nella terra, vi vive sotto forma di larva ed infine ne esce per metamorfosi, era il triplice simbolo della vita, della morte e della risurrezione. La sua presenza nel focolare era considerata una promessa di felicità e questa credenza si ritrova anche nelle civiltà mediterranee. L’originalità dei Cinesi rimane però contraddistinta dal fatto che essi allevano dei grilli canterini, conservandoli in raffinate gabbie fatte con ogni materiale. Inoltre, a causa della sua vitalità il grillo  simboleggia il coraggio e lo spirito combattivo: per questo i cinesi addestrano i grilli anche ai combattimenti. Risale all’epoca Tang, circa 1500 anni fa, l’usanza di allevare grilli per il piacere di sentirli cantare o per farli combattere tra di loro con il conseguente giro di scommesse. I combattimenti, avvenivano durante le fiere di autunno e Il proprietario del grillo vincitore aveva in premio un bue.
Nei secoli scorsi raramente la tradizione è stata interrotta. L’ultima volta fu in concomitanza con la Rivoluzione Culturale, quando era infatti sconsigliabile dare l’impressione di avere interessi diversi dal partito e che lasciassero intendere una “frivolezza” inaccettabile. Superato quel periodo, negli anni ’70 si è tornati con rinnovata passione all’antica attività. Oggi nella sola Pechino sono circa 100.000 le persone coinvolte nel business dei grilli.



Sia che il grillo divenga, suo malgrado, «gladiatore» o «cantante», la sua carriera sarà comunque di breve durata, dal momento che la vita media di queste creature è di 100 giorni. Ma nonostante la loro effimera esistenza, i proprietari li trattano con estrema cura ed attenzione per i dettagli facendoli bere e mangiare da minuscole ciotoline in ceramica con decorazioni in stile impero. In natura questi animaletti sono onnivori e la loro alimentazione è un aspetto importantissimo per chi li alleva. Ai «lottatori» viene somministrata prevalentemente carne per renderli più aggressivi, mentre per quelli da compagnia i vegetali vanno per la maggiore. Gli appassionati sono solitamente over-60: in Cina sono prevalentemente i pensionati a potersi permettere degli hobby e sono ben felici di poter riprendere questa tradizione che in gioventù gli è stata di fatto preclusa.

Per la scelta di un grillo è importante l’aspetto estetico, ma molto di più è la sua «voce». Vediamo i passi che si devono intraprendere per entrare nel mondo dei grilli: ascoltare il verso dei vari esemplari e scegliere quello che frinisce nella modalità che preferiamo, sperare che anche i colori del nostro nuovo amico siano gradevoli, scegliere una gabbia, un trasportino, delle ciotole e una cuccia. Avrete notato che nella lista c’è anche la voce «trasportino»: infatti, che gusto c’è ad avere un grillo che ci delizia con melodie meravigliose se non si può averlo sempre con sé? Il grillo viaggia con noi in scatole finemente decorate.

Ecco come Terzani descrive la passione dei cinesi per i grilli nel suo libro La porta proibita:

 «Per un cinese tenere un grillo è come per un occidentale possedere un cane o un cavallo. Lo accudisce dandogli da mangiare le cose che predilige: alcuni mangiano solo carote o lattuga, altri solo castagne già masticate dal padrone, altri ancora dei vermi speciali che a loro volta mangiano solo granturco e che vanno allevati a parte perché il grillo li vuole solo vivi. I grilli devono fare il bagno: di solito in una tazza di tè appena tiepido. I grilli vanno poi portati a spasso, un po’ per distrarli, un po’ per dar loro la sensazione che non sono trascurati. La gente ha tasche speciali in cui tenerli, fatte apposta nell’interno delle giacche o dei cappotti, così che le bestiole possono essere portate ovunque uno vada, comode nelle loro gabbie e piacevolmente riscaldate dal calore del corpo umano. Le casette invernali dei grilli sono fatte con zucche, ma non le zucche così come si trovano in natura — i cinesi non si accontenterebbero di questo —, bensì con zucche a cui artificialmente si fa assumere la forma che si desidera. I cinesi sono da secoli maestri in quest’arte. Quando il fiore della zucca è appena sbocciato, viene forzato all’interno di una struttura di creta e lì cresce fino a riempirla. assumendone la forma e ricevendo sulla superficie, in bassorilievo, tutto ciò che è stato precedentemente inciso nella «matrice». Ci sono così gabbie con incisi i versi di famose poesie, altre con paesaggi o figure di uomini e Dei. I tappi di queste zucche sono in avorio, in legno, in giada o in tartaruga, anche questi incisi con forme di draghi, leoni o con vari simboli che dovrebbero portar fortuna alla bestiola e al suo proprietario. Nella vecchia Cina, la gente, specie i Manciù, spendeva delle fortune per avere queste gabbie fatte dai migliori artigiani del tempo. I grilli, poi, non erano solo per cantare. C’erano quelli da combattimento, e spesso interi patrimoni venivano dilapidati scommettendo sulle loro mortali battaglie. I cinesi hanno sempre saputo delle capacità combattive dei grilli e, attraverso i secoli, sono riusciti a selezionare le migliori razze di combattenti e ad affinare la loro abilità».

Ma diamo un’occhiata anche a casa nostra. Il grillo è un personaggio importante nella tradizione popolare: a parte il noto personaggio nel Pinocchio di Collodi, dove il grillo impersona la coscienza del burattino di legno, nel Ferrarese si dice infatti Avèr dj gril par la testa (Avere dei grilli per la testa), a chi fa capricci, mentre nel Reggiano, con L’ée alègher come un gréll (È allegro come un grillo), s’indica chi è sempre contento e canterino. Porta sempre fortuna e ricchezza sentire il suo canto o vederne uno posato sui vestiti. Uno dei grilli più amati è il cosiddetto grillo del focolare. Ad esso veniva riservato un trattamento di riguardo, perché si credeva fosse una sorta di genio tutelare della casa. Vederlo era di buon auspicio, e mai nessuno si sarebbe sognato di scacciarlo o di disturbarlo. Tale considerazione pare derivare dalla credenza che nei grilli di casa s’incarnino le anime dei morti, tornate nella propria dimora per far visita ai congiunti. Osservando il comportamento di questi insetti si facevano previsioni sul tempo e i raccolti. A Piacenza si dice ad esempio Quand canta l’gri al brütt teimp l’è finì (Quando canta il grillo il brutto tempo è finito). Generalmente si crede che l’abbondanza di grilli sia presagio di carestia; e a questo proposito, nel Carpigiano, si racconta una divertente storiella. In essa si narra di un frate cercatore - quelli che elemosinavano cibo di casa in casa - alle prese con un villano che gli aveva appena donato un sacchetto di noci. Parlando del più e del meno, il villano chiese al frate come mai in quell’anno ci fossero tanti grilli. Il frate, gentile, rispose con un proverbio: «Gran grilleria, gran carestia». Il villano, temendo il peggio, si scusò, e riprese le noci appena donate. Poco più in là, il frate incontrò un altro contadino che lo accolse con la solita domanda: «Frate, perché quest’anno ci sono tanti grilli? ». Senza pensarci due volte, il frate rispose. «Allegria, non conosci il proverbio: Gran grillansa, gran bundansa (Gran grilleria, grande abbondanza)»?

Un comune passatempo dei ragazzini era quello di catturare i grilli, specie quelli “canterini”, detti in Romagna grel mariân (grilli mariani), perché attivi soprattutto in maggio, mese dedicato a Maria. Per catturarli s’introduceva un pagliuzza nella loro tana, frugando a lungo nel tentativo di stuzzicarli. Ben presto questi, furibondi, si attaccavano alla pagliuzza, che rapidamente veniva estratta con l’ambita preda. In alternativa, ma così il gioco era meno divertente, si allagava la tana con l’acqua, costringendoli a uscire. L’Andèr in zàirca ‘d gréll (L’andare in cerca di grilli) era perciò svago da bambini, da che, per traslato, equivaleva mettersi a cercare cose di poco conto, a perdere tempo. Nel Bolognese, a chi alterna momenti di apatia e pigrizia, ad altri d’intensa attività, si dice Fèr cum fa ‘l grell, che o ‘l salta o al sta fàirum (Fa come il grillo, che o salta o sta fermo). È infine diffusa la credenza che il suo canto maturi le uve. La superstizione ha in effetti un fondo di verità, dato che il grillo canta quando fa molto caldo, condizione indispensabile affinché l'uva possa maturare.

Che dire poi  della "Festa del Grillo" che ogni anno, nel giorno dell'Ascensione, si celebra nel parco fiorentino delle Cascine? Riguardo alla origine di questa tradizione esistono due scuole di pensiero: la prima descrive una festa legata ai riti primaverili durante i quali si eleggeva a protagonista il simpatico insetto canterino, ritenuto apportatore di gioie e di benessere; la seconda ritiene che il grillo, quando si presentava in orde massicce e invadeva le colture, non solo non portava fortuna ma costituiva al contrario una calamità per gli agricoltori. La nascita della festa sarebbe dunque da interpretare nel senso letterale di "fare la festa" al grillo, cioè di eliminarne il numero più alto possibile per impedire che in primavera facessero piazza pulita dei teneri germogli dei fiori o delle verdure. In passato la festa rappresentava un evento importante per i componenti della famiglia fiorentina. I preparativi iniziavano alcuni giorni prima e la mattina dell'Ascensione era tutto un via-vai di gente in cammino verso il grande parco sull'Arno. Dopo aver scelto il punto dove trascorrere la giornata, ognuno si metteva all'opera: la mamma stendeva la tovaglia sull'erba e disponeva le vettovaglie per il pranzo; il babbo prendeva per mano i bambini più piccoli e insieme davano inizio al vero scopo della giornata: dare la caccia e possibilmente catturare almeno un grillo; per i figli più grandicelli quella costituiva una delle rare occasioni in cui potevano eludere la sorveglianza dei genitori e familiarizzare con l'altro sesso. Nel pomeriggio l'avvenimento più importante era il passaggio delle carrozze granducali e delle famiglie più in vista della città. A sera il mesto e stanco ritorno a casa. La festa viene tuttora celebrata secondo la tradizione, anche se tanti piccoli cambiamenti hanno adulterato la sua genuinità: al pic-nic sul prato con cibi portati da casa si è sostituito il panino e la birra comprati in una delle innumerevoli bancarelle; basta con la faticosa caccia ai grilli (ammesso che ce ne sia ancora rimasto qualcuno nel parco): i padri preferiscono mettere mano al portafogli e comprarli già ingabbiati (anche se meno propensi a cantare). E per quanto riguarda i giovani dei due sessi - ma ne esistono ancora disposti a rimanere con i genitori per un'intera giornata? - non hanno certo bisogno di aspettare la Festa del grillo per trovare un quarto d'ora di intimità.
 
E a proposito di “scambi culturali”, ricordo che nel 2011 il Museo di Scienze di Camerino è riuscito ad accaparrarsi l’esclusiva italiana, accogliendo per primo la proposta fatta dall’Ufficio di rappresentanza di Taipei in Italia, con la mostra proveniente da Taiwan su questi animaletti sonori. La singolare mostra denominata “Il canto del Dragone Nero”, dal nome di un grillo da combattimento che viene allevato e selezionato a Taiwan si proponeva di presentare al grande pubblico le sonorità degli insetti e le loro relazioni con gli esseri umani, sotto prospettive scientifiche, culturali ed artistiche.

E per finire, una altra analogia, forse un poco “indigesta”! Si sa che i cinesi mangiano diverse varietà di animali per noi repellenti: nell’immaginario delle stranezze cinesi alloggiano la zuppa di tartaruga, le zampe d’orso, il cervello di scimmia, il serpente, i nidi di rondine, la pinna di pescecane (tutti piatti di cui, a onor del vero, nella Cina di oggi si è quasi persa la memoria). Ma è vero che i cinesi mangiano cose strane, quali spiedini di scorpioni  grilli o cavallette fritte, croccanti come le patatine, ma non per questo sono pazzi: dimostrano invece un certo realismo pratico. Fu infatti nell’anno 628 d.C. che l’imperatore Tai Zong lanciò la moda delle cavallette fritte per dimostrare al popolo che le invasioni periodiche di questi insetti, apportatori di fame e carestie, non erano un segno della collera del Cielo ma un eventi naturale di cui ci si poteva avvantaggiare in qualche maniera.

 
C’è da dire che, in quanto a stranezze, anche noi mangiamo degli  invertebrati, come  lumache,  vongole, cozze, ostriche o quelli con la corazza cheratinosa come i gamberi, scampi e, orrore, quelli con le chele schifose come le aragoste!


Ma quando si parla di insetti, i tabù sono troppo forti: mangiare grilli, cavallette e formiche potrebbe però presto divenire la soluzione alla fame nei paesi in via di sviluppo e offrire una soluzione in più ai menù consumati sulle nostre tavole. Il tema è di stretta attualità: a Londra è in corso “Pestival 2013”, il primo festival dedicato agli insetti come alimento. Non si tratta di un incontro tra addetti ai lavori visto che la Fao finanzia da anni programmi di ricerca nel sud-est asiatico e in Africa, dove due miliardi di persone mangiano larve e insetti. «Nel 2050 saremo nove miliardi e l’incremento della popolazione mondiale pone il problema di come garantire a tutti un equilibrato apporto alimentare – spiega Roberto Valvassori, docente ordinario di zoologia all’università dell’Insubria - È necessario ricercare fonti alimentari sostenibili per non compromettere la biodiversità e le risorse territoriali, idriche e forestali».

 

E così, avremo grilli campestri, coleotteri, tarme e larve, tutti nel piatto. Non si tratta di un malriuscito pic-nic, ma di uno stile alimentare ben preciso che ha anche un nome scientifico: entomofagia, che significa appunto  "cibarsi di insetti". Il Museo civico di scienze naturali "Caffi" di Bergamo, ha proposto la quarta edizione di "Insetti che bontà", una specie di sagra a tema che ha cercato di dimostrare che, mescolati ai sapori nostrani, anche coleotteri, cavallette e grilli non sono così male. Insomma, gli insetti possono conquistare una nuova dignità, scrollandosi di dosso la loro cattiva reputazione di animali disgustosi. E per prendere gli uomini per la gola gli chef si sono sbizzarriti. La scorsa estate, la precedente edizione della manifestazione aveva avuto come tema le degustazioni insetti-vino, sotto l'emblematico titolo di  "Bacco e bachi", con tanto di enologo che elencava le qualità organolettiche del vino accoppiate alle proteine di questi esserini; quest'anno coleotteri, ortotteri, tarme e larve sono stati utilizzati per preparare dolci e torte. Il risultato complessivo non è stato male, visto che in poco meno di un'ora i dessert "bestiali" sono andati a ruba. Non si tratta comunque di lanciare nuovi stili alimentari, assicura il direttore, "perché continuiamo a preferire tortellini e lasagne".  Semmai si vuole abbassare la soglia di disgusto su esseri bistrattati, il cui numero di specie in Italia supera le 37mila. Gli chef della manifestazione hanno creato inediti accoppiamenti: dalle "trasparenze", ossia gelatine di moscato con inclusioni di insetti, passando per il gelato con tarme della farina, apprezzato da molti, o le gelatine di grillo con Martini e ribes rosso, ma anche la torta di mandorla e tarma della farina e quella con marmellata di ciliegie e tarma del miele. E ancora, mousse di cioccolato e frutta con tanto di grillo campestre e praline con cioccolato bianco e coleottero.

Se si fa un paragone tra un hamburger bovino e un fagottino di termiti, dicono gli esperti, il confronto non regge: il primo contiene 245 calorie e 21 g di proteine all'etto, il secondo da 610 calorie e 38 g di proteine all'etto. Qualche particolare? Ad esempio 100 g di larve fresche forniscono circa 250 calorie, 100 g di crisalidi fresche di baco da seta poco più di 200 calorie, 100 g di larve di un altro lepidottero affumicate circa 260 calorie, 100 g di termiti fresche circa 350 calorie. Insomma, tante proteine e pochi grassi parlano di una dieta tutta salute. Anche se nel nostro Paese, patria di prosciutto e tortellini, è una moda che proprio non decolla.
Chissà perché!
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Sitografia
 
http://www.coopfirenze.it/speciali/notizie/la-festa-del-grillo-5464
http://d.repubblica.it/dmemory/2010/03/13/rubriche/rubriche/046chi68546.html
http://leorugens.wordpress.com/2013/01/14/e-infine-ho-fatto-la-grande-scoperta-dei-grilli/
http://itinera-barbarae.over-blog.it/article-33792005.html
http://www.bairo.info/rassegnastampa210710.html
http://www.ilgirovago.com/grilli/
http://www.lupin3.it/immagini.php?dir=20111031/grilli%20da%20combattimento%20cina
http://www.guidamarche.it/section/articolo.asp?ID=9625
http://www.climatrix.org/2010/10/la-simbologia-del-grillo-insetto.html http://www.unicam.it/unicam-info/rassegna_stampa/ottobre11/20/adnkronos.pdf

  
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