Cosa ha a che fare Buddha con la Grecia? Niente sembra
così lontano dalla nostra cultura classica del mondo indiano… eppure non è
così!
Torniamo indietro, ai tempi di Alessandro il Grande: re di Macedonia a
partire dal 336 a.C. è conosciuto anche come
Alessandro il Conquistatore: è considerato infatti uno dei più celebri
conquistatori e strateghi della storia. In soli dodici anni conquistò l'intero
Impero Persiano, dall'Asia Minore all'Egitto fino agli attuali Pakistan,
Afghanistan e India settentrionale. Le sue vittorie sul campo di battaglia,
accompagnate da una diffusione universale della cultura greca e dalla sua
integrazione con elementi culturali dei popoli conquistati, diedero l'avvio al periodo ellenistico della storia greca.
Ed una delle conseguenze della vicinanza di questa cultura al mondo indiano ha “contaminato”
in modo significativo una religione emergente nell’Asia Centrale: il Buddhismo.
Nelle regioni corrispondenti ai moderni Afghanistan e Pakistan, a partire dal
VI secolo a.C. si sviluppò un sincretismo culturale tra l’Ellenismo ed il
Buddhismo che porta il nome di Buddhismo
Greco ed ha profondamente influenzato l'arte e la filosofia del Buddhismo, in
particolare il Buddhismo Mahayana, ancora prima che fosse adottato dall'India, e
successivamente dalla Cina, Corea e Giappone.
La storia del
buddhismo inizia nel VI secolo a.C., con
la predicazione del Buddha Siddharta Gautama: nel lungo periodo della
sua esistenza, la religione si è evoluta adattandosi ai vari paesi, epoche e
culture che ha attraversato, aggiungendo alla sua originale impronta indiana,
elementi culturali dell'Asia Centrale, dell'Estremo Oriente e del Sud-Est
Asiatico; la sua diffusione geografica fu considerevole al punto di aver
influenzato in diverse epoche storiche gran parte del continente asiatico. Il
Buddhismo, come tutte le maggiori religioni, è anche caratterizzato da numerose
correnti di pensiero e scismi, con la formazione di varie scuole: la riluttanza
di Gautama a nominare un suo successore o a formalizzare la propria dottrina,
portò infatti all'emergere di diverse fazioni tra i suoi seguaci nei successivi
400 anni. Tra queste, le più importanti attualmente esistenti sono la scuola
Theravāda, le scuole Mahāyāna e Vajrayāna.
Nei suoi primi secoli di vita, il buddhismo sembra essere rimasto un
fenomeno relativamente minoritario, e la storicità degli eventi della sua
formazione sono difficili da stabilire anche perché vi sono diverse, antiche e
contraddittorie tradizioni. La situazione cambiò nel III secolo a.C., quando il
re Aśoka si convertì al Buddhismo dopo
la sanguinosa conquista del territorio di Kalinga [oggi Orissa] nell'India
orientale. Pentitosi degli orrori prodotti dal conflitto, il re decise di rinunciare alla violenza, e si
impegnò a diffondere la fede buddhista costruendo stupa e colonne che
richiamavano al rispetto di tutta la vita animale, e spingendo la popolazione a
seguire il Dharma. Il re è ricordato anche per aver costruito strade, ospedali,
case di riposo, università e canali d'irrigazione in tutto il Paese; trattò
inoltre i suoi sudditi con la massima tolleranza, indipendentemente da
religione, politica e casta. Sempre secondo la tradizione, il re Aśoka convocò un Concilio intorno al 250 a.C. a Pataliputra [oggi
Patna], con l'obiettivo di riconciliare le differenti scuole buddhiste, e organizzare l'invio di missionari nei Paesi
in cui il Buddhismo non fosse ancora conosciuto.
Questo periodo segna la prima
diffusione del Buddhismo al di fuori dell'India; secondo le placche e le
colonne lasciate da Aśoka, furono inviati emissari in molti stati con il
compito di predicare il Buddhismo, fino ai regni ellenistici occidentali, a
partire dal vicino regno greco-bactriano, e fino al Mar Mediterraneo. Alcuni
degli editti di Aśoka descrivono gli sforzi di Aśoka per diffondere la fede
buddhista nel mondo ellenistico, che al tempo, in seguito alle conquiste di
Alessandro Magno, formava un corpo continuo dalla Grecia ai confini dell'India.
Gli editti dimostrano una chiara comprensione dell'organizzazione politica dei
regni ellenistici; i nomi dei maggiori re sono elencati e identificati come
obiettivi di proselitismo: Antioco II del regno seleucide, Tolomeo II il
Filadelfo del regno egizano, Antigono II Gonata del regno di Macedonia, Magante
del regno di Cirenaica, e Alessandro II dell’Epiro.
Leggiamo infatti in un editto di Aśoka:
« La conquista del Dharma è stata vinta qui, sui confini, e anche a seicento yojana (5.400-9.600 km) di distanza, dove regna il re greco Antioco, e oltre, dove regnano i quattro re di nome Tolomeo, Antigono, Magante e Alessandro, così come nel Sud, tra i Chola, i Pandya, e fino a Tamraparni (Sri Lanka).»(Editti di Aśoka, XIII editto, S. Dhammika)
Inoltre, secondo le cronache pāli, alcuni degli emissari di Aśoka erano
monaci buddhisti greci, evidenziando l'esistenza di intensi rapporti tra le due
culture:
«Quando il thera [anziano, saggio] Moggaliputta, illuminatore della religione del Conquistatore [Aśoka], pose fine al [terzo] concilio [...] mandò avanti dei thera, uno qui e uno lì: [...] e verso Aparantaka [i paesi occidentali"] mandò lo yona [greco] di nome Dhammarakkhita » (Mahavasma XII)
Alcuni degli editti di Aśoka sono
scritti in greco o aramaico; uno di essi, ritrovato a Kandahar, consiglia
l'adozione della "Pietà" [traducendo con εὐσέβεια,
"eusebeia", il termine Dharma] alla comunità greca.
Sono state ritrovate ad Alessandria anche delle pietre tombali buddhiste
del periodo tolemaico, decorate con raffigurazioni della ruota del Dharma.
Commentando sulla presenza di buddhisti ad Alessandria, alcuni studiosi hanno
fatto notare che «fu in seguito in
quello stesso luogo che alcuni dei più attivi centri della Cristianità sono
stati fondati».
L'interazione tra le culture greca e buddhista ha avuto una certa influenza
sulla formazione del pensiero Mahayana, che sviluppò un approccio filosofico
più sofisticato e una forma di "divinizzazione" della figura del
Buddha; in queste aree di contatto compaiono inoltre le prime rappresentazioni
antropomorfiche del Gautama.
L’idea classica ellenica di rappresentare
l’uomo-dio in una forma puramente umana (vedi gli dei dell’Olimpo) ha prodotto
in oriente un fattore importante di innovazione. Le opere d'arte più
antiche conosciute attribuite al mondo religioso buddhista derivano dal campo
dell'architettura. In questo caso si tratta di stupa, quindi originalmente opere architettoniche a forma di
tumulo, che in origine vennero costruite come luoghi di conservazione per le
reliquie del Buddha. In questi stupa si trovano, in forma di bassorilievi,
anche le primissime rappresentazioni artistiche.. I rilievi inequivocabilmente
più antichi attribuibili al Buddhismo risalgono al II secolo a.C.
Sebbene l'arte del
subcontinente indiano già in quell'epoca potesse vantare una lunga tradizione
anche di raffigurazioni figurative, inizialmente il Buddha Sakyamuni non veniva
mostrato in figura umana. Al contrario egli stesso e i contenuti del suo
insegnamento vennero rappresentati con diversi simboli, dei quali perlopiù
ancora oggi sono parti essenziali dell'arte buddhista: Il fiore di loto, per la sua proprietà di non farsi intaccare sulla
sua superficie né da sporcizia né da acqua, il simbolo della purezza e della
natura immacolata di Buddha; l’ albero
di Bodhi (fico sacro), quell'albero, sotto il quale il Buddha ha vissuto il
Bodhi ("Illuminazione" o "Risveglio"). A volte viene anche raffigurato un trono
vuoto sotto all'albero che, come l'albero stesso, dovrebbe ricordare il
risveglio del Buddha. Altri simboli sono il Dharmachakra [la Ruota della Dottrina], in cui gli otto raggi
rappresentano l’ottuplice sentiero, cioè l’insieme delle regole buddhiste che
conducono al perfezione, oppure il Leone,
simbolo della signoria e dell'origine regale del Buddha storico Śākyamuni [il
saggio dalla casa di Shakya]. Infine la Buddhapada
[l'impronta del piede], un simbolo dell'effusione del Dharma del Buddha nel
mondo.
Durante il II e gli
inizi del I secolo a.C. acquistarono sempre più importanza sculture, rilievi e
pitture, che mostravano vari episodi della vita del Buddha e venivano spesso
collocate sugli stupa come fregi, tavolette votive e ad illustrazione del
Dharma per coloro che non sapevano leggere. Certamente anche i ritratti di
uomini erano parti integranti delle opere, ma il Buddha stesso era
rappresentato per mezzo di uno dei simboli sopra citati. La ragione di questo
poteva trovarsi in un'affermazione che egli aveva fatto in uno dei suoi discorsi,
secondo il quale aveva rifiutato di essere ritratto dopo la sua morte. Inoltre,
tra gli storici delle religioni vi è l'opinione che ai monaci o ai pittori non
sembrasse possibile raffigurare il Buddha - che aveva lasciato dietro di sé
tutte le cose terrene, umane, materiali come mentali - mediante immagini.
Nelle regioni di
Gandhara (oggi: Afghanistan orientale, Pakistan nord-occidentale) nacquero le
prime rappresentazioni artistico-religiose del Buddha. Nello stile di Gandhara
sono d'altro canto chiaramente riconoscibili gli stretti contatti, allora
esistenti già da parecchi secoli, con l'area culturale ellenistica. Ma
l’innovativa rappresentazione in forma umana raggiunse rapidamente un alto
livello di sofisticazione scultorea, naturalmente ispirata allo stile della
Grecia ellenistica.
Si possono identificare
molti elementi stilistici di derivazione ellenistica nella rappresentazione del
Buddha : lo himation, ad
esempio, una specie di toga che copriva
entrambe le spalle, l’ alos, cioè l’aureola di luce attorno al capo, usata nella
iconografia religiosa per indicare santi o eroi. La postura, nelle statue, si
ispira al cosiddetto “contrapposto” una posizione cioè in cui il corpo appoggia
principalmente su uno solo dei piedi, creando una leggera torsione del busto,
che conferisce alla figura un aspetto più dinamico o in alternativa più
rilassato. Infine la acconciatura dei capelli stilizzata e le proporzioni del
viso richiamano il tipico realismo delle sculture greche.
Nel I secolo a.C. Gandhara
fu conquistata dall'Impero Kushan
e rimase per molti secoli sotto l'influenza di quest'ultimo (solo nel V secolo
la dominazione cambiò di nuovo con la conquista da parte degli Unni bianchi).
Particolare importanza assunse in questo periodo re Kaniska, che promosse il
rinnovamento del Buddhismo in generale, e l'arte buddhista in particolare. Le prime istanze riformatrici che avrebbero portato
successivamente alla nascita del Buddhismo Mahayana si manifestarono durante un
Concilio in Kashmir: per segnare la differenza, la scuola prese il nome di Mahāyāna
[grande veicolo], indicando con Hinayāna
[piccolo veicolo] tutte le altre scuole. La nuova forma di Buddhismo
valorizzava il concetto di "vacuità" (Sunyata) di tutto l'esistente e
quindi l'identità tra mondo fenomenico doloroso e imperfetto (Samsara) e la
condizione nirvanica (Nirvana) in cui era assente lo stato di dolore. Questa
identità dei fenomeni mondani con lo stato nirvanico e la credenza che la
buddhità fosse presente in tutti gli esseri senzienti portò questa scuola alla
sacralizzazione della natura di Buddha e quindi della sua divinizzazione.
Inoltre le posizioni Mahāyāna promuovevano l'idea che non solo i monaci, ma
tutti gli esseri viventi essendo intimamente dei Buddha potessero aspirare
realizzare questo stato, e un certo livello di sincretismo con le influenze
culturali del Nord-Ovest dell'India e dell'Impero Kushan all'interno del quale
si era originata; il successo fu rapido, e nel giro di pochi secoli la nuova
scuola rimpiazzò quasi completamente la Sarvāstivāda.
Dopo la fine dell'impero Kushan, il Buddhismo, ormai quasi esclusivamente
Mahāyāna, conobbe una certa fortuna sotto i Gupta (IV-VI secolo); in
particolare l'università Mahāyāna di Nalanda, nel Nord-Est dell'India, sarebbe
diventato il polo culturale più grande e influente del Buddhismo nei secoli a
venire. Particolare
importanza assunse l'abilità degli scultori di Mathura, specialmente
nell'impiego dell'arenaria rosa: qui fu trovata quella forma della
rappresentazione che divenne infine caratteristica per quasi tutti i paesi
buddhisti dell'Asia e che nel VII-VIII secolo si era universalmente affermata:
il corpo delicato e dalle proporzioni perfette, lunghi lobi delle orecchie
perforati che ricordano la sua infanzia e la sua gioventù come principe, sulla
cima una crocchia come segno della sua vita da asceta ed infine gli occhi
semichiusi, che non ricambiano lo sguardo dell'osservatore, ma sono rivolti
verso l'interno in atteggiamento meditativo. Le rappresentazioni del Buddha a
partire da quel periodo sono caratterizzate da un realismo idealizzante. In
India il Buddhismo, e quindi anche l'arte buddhista, dal X secolo in poi fu a
poco a poco soppiantato quasi interamente dall'Induismo che andava
rafforzandosi e dall'Islam che penetrava dall'Occidente.
Sitografia