venerdì 10 settembre 2010

I limiti del linguaggio

Un’ altro ostacolo fondamentale alla conoscenza è il linguaggio: l’imprecisione e l’ambiguità del nostro linguaggio sono indispensabili per i poeti i quali lavorano molto per associazioni, utilizzando i diversi strati subconsci del linguaggio stesso. La scienza mira invece a definizioni chiare e a relazioni prive di ambiguità: ecco quindi il linguaggio matematico come forma più alta di rigore e di logica. Il metodo scientifico dell’astrazione è molto efficace e potente ma comporta un prezzo da pagare: via via che definiamo con maggiore precisione il nostro sistema di concetti esso si distacca sempre più dal mondo reale. Basta pensare alle complesse teorie fisiche moderne, la relatività, i quanti e alla estrema complicazione degli esperimenti nel mondo subatomico…chi mai di noi, poveri mortali, potrà mai avere una idea concreta di cosa è un orbitale di probabilità o di quanto grande sia un neutrino? E’ così che per integrare i modelli matematici dobbiamo usare i modelli verbali, con tutte le loro imprecisioni ed ambiguità… un circolo vizioso!

La conoscenza razionale costituisce certamente la parte più importante della ricerca scientifica, ma non la comprende tutta quanta: la componente razionale della ricerca sarebbe inutile se non fosse completata dall’intuito, che rende creativi gli scienziati fornendo loro nuove visioni. Queste visioni tendono a manifestarsi improvvisamente, e tipicamente quando non si è seduti al tavolo di lavoro, ma quando ci si rilassa nel bagno o distesi sulla spiaggia o a spasso nei boschi.

Nella nostra vita quotidiana le visioni intuitive sono normalmente limitate ad istanti estremamente brevi: non è così nel misticismo orientale nel quale esse tendono a diventare uno stato di consapevolezza continuo. La preparazione della mente a questo stato di consapevolezza è lo scopo principale di tutte le scuole mistiche orientali: a tale scopo sono state sviluppate tantissime tecniche di tipo meditativo, il cui obiettivo è quello di far tacere la mente pensante e di spostare quindi la consapevolezza dall’area razionale a quella intuitiva.

Come uscirne?

Rimane il fatto che anche l’esperienza diretta intuitiva della realtà non può essere descritta verbalmente, essendo il nostro linguaggio sostanzialmente limitato: c’è da dire che i mistici, a differenza dei fisici, sono interessati principalmente a «fare» esperienza della realtà e non a «descrivere» questa esperienza. D’altro canto, se desiderano comunicare la loro esperienza, si trovano di fronte alle limitazioni del linguaggio. Per risolvere questo problema sono state individuate diverse strade: il misticismo indiano presenta le sue affermazioni sotto forma di miti, servendosi di metafore, di simboli, di immagini poetiche, di similitudini, di allegorie. Il linguaggio mitico è molto meno condizionato dalla logica o dal senso comune: è pieno di situazioni magiche e suggestive, non è mai preciso. I mistici cinesi e giapponesi hanno trovato un modo diverso per affrontare il problema del linguaggio: invece del mito si servono del paradosso, proprio per mettere in luce le incongruenze che nascono nella comunicazione verbale.

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