Un giorno mentre il Duca Huan era intento a leggere nel punto più alto della sala, il carradore Bian stava rifinendo una ruota nel punto più basso. Deponendo il mazzuolo e scalpello, Bian salì dal Duca e gli rivolse questa domanda: «Posso chiedervi che cosa state leggendo?»
Il Duca rispose: «Leggo le parole dei saggi.
- Ma questi saggi sono ancora in vita?
- No, sono morti da lungo tempo.
- Dunque –concluse il carradore – quello che leggete non è altro che la feccia degli antichi.
- Come osa un carradore discutere di quello che leggo? – proruppe il Duca – Ti concedo di giustificarti, se puoi; altrimenti sarai messo a morte.
Il carradore Bian allora disse: «Il vostro servo vede le cose a partire dalla sua umile esperienza. Quando si intaglia una ruota, un colpo troppo debole non avrebbe presa, e un colpo troppo forte scivolerebbe sul legno. Né troppo piano né troppo forte: ho il colpo nella mano e la reazione nel mio spirito. Vi è in questo una abilità che non so esprimere a parole. Non ho saputo insegnarla a mio figlio, che non ha potuto apprenderla da me, e così a settant’anni eccomi ancora qui a fabbricar ruote. Gli antichi hanno portato con sé nella morte tutto quello che non hanno potuto trasmettere, e così dunque quello che state leggendo non è che la feccia degli antichi»
Il carradore parla di una esperienza paragonabile a quella del cuoco Ding: quando arriva ad un nodo delicato, sospende il suo gesto e concentra la sua attenzione finché tutto non gli diviene chiaro, ed allora taglia di un colpo solo. In tale istante vi è una perfetta identità di mano e di spirito, che non passa per l’intermediazione dell’ intelletto. Il movimento non è dettato dall’incoscienza e meno ancora dall’inconscio, ma dall’oblio della coscienza.
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